minimumTandem

10 Ott

 

                                         

 

Quando nacque il primo figlio, se lo tenne in braccio un tempo lunghissimo. Passeggiava per la stanza fissandolo negli occhi, senza però cullarlo. Qualcosa non andava in quella faccina troppo tonda, in quella lingua che sporgeva tra le labbra, in quegli occhi così distanti e stranamente stirati verso l’esterno. Restituendo Davide all’infermiera disse, più che domandare, “Non ci siamo”, aggiungendo dopo qualche istante un “vero?” che apriva a un’esile speranza. Ma dall’espressione imbarazzata di lei, Arturo comprese di non essersi sbagliato.

La parola oscena gli affiorò alle labbra quasi involontariamente, come fosse stata sempre lì, in attesa dell’inevitabile pareggio alla fortuna avuta fino a quel momento.

Mongolo!

Sindrome di Down, lo corresse il medico chiamato a ufficializzare il danno.

L’uomo barcollò, ma non era tipo da crollare. Si fece pensieroso, misurando a passi asimmetrici la grande stanza piena di neonati vocianti, completamente estraniato dall’ambiente. Sembrava riflettere per trovare una soluzione, immediata e definitiva.

“Non fa differenza”, disse alla fine fermandosi di botto, senza specificare se alludesse ai due termini diversi usati da lui e dal professionista del dolore o se si riferisse alla condizione particolare di suo figlio rispetto agli altri bimbi. Poi riprese in braccio Davide e cullandolo gli disse “Ti dovremo dare subito una sorellina, che ti ami e ti accudisca.” Andò dalla mamma a portare il bimbo e la notizia, già quasi rinfrancato. Aveva trovato la soluzione, o almeno così credeva.

 

Quando nacque Chiara, gli sembrò bellissima e provò sollievo per sua moglie che molto aveva pressato, quasi costretto, a quella seconda gravidanza.

Dal primo giorno bisbigliò all’orecchio della figlia le parole del suo compito futuro e la bimba sembrava che capisse, perché alla voce del padre opponeva un pianto acuto come una ribellione.

Arturo impiegò parecchi mesi prima di accorgersi che in alcun modo la bambina avrebbe potuto essere di aiuto a suo fratello. Chiara cresceva isolata in un suo mondo a parte.

Ora il disastro era completo.

 

Io, dovessi rappresentare su un foglio la vita successiva di Arturo, disegnerei strade a raggiera che si interrompono appena nate, perchè in qualunque direzione lui si fosse mosso sarebbe stato trattenuto dalla catena corta di una famiglia sgangherata. Milena non gli perdonava il secondo danno e i due figli crescendo andavano mostrando tutta l’evidenza dei loro opposti limiti, Davide una dolcezza spaesata verso gli altri, Chiara una smisurata collera verso chiunque tentasse un timido contatto. Ogni risorsa economica investita nel tentativo inutile di correggere il futuro, ogni affetto costretto in quella direzione.

Una situazione deprimente, senza sbocco.

Ma Arturo, guardando il mio disegno, esprimerebbe il suo dissenso: “Non è così. Io sono libero e liberamente ho scelto di stare alla catena di cui dici.” E avrebbe ragione, perché io sto sostituendo la mia emotività a quella del mio personaggio e fatico, andando avanti, a rispettare il suo carattere cocciuto. Vorrei arrendermi per lui, farlo svegliare una mattina dopo una notte insonne e fargli compiere una strage immonda piena di pietà.

Ma non sarebbe la sua storia.

 

Arturo aveva spalle curve ma robuste e baffi folti che riparavano la bocca dalle lacrime. Così, al mattino, dopo una notte insonne, poteva dire a voce intatta, ce la faremo, ed essere credibile. E alle parole, dette appena sveglio per rendere appena un po’ più lieve la giornata, seguivano sempre piccoli gesti e grandi azioni che s’inventava sul momento o meditava a lungo, per dar più senso al poco vivere dei figli.

Con un lavoro da massacro e l’aiuto di quattro amici aveva trasformato il cortile di cemento in un grande prato dove i figli potessero giocare. Ma il gioco preferito da Chiara era picchiare suo fratello quando lui le raccoglieva un fiore o le faceva una carezza. Non aveva altro modo di esprimere il suo bisogno anomalo di estraniarsi, la bambina. Solo col padre si faceva più docile e dandogli la mano accettava di uscire dal suo guscio senza strepitare.

Passeggiavano per le vie del centro, Arturo le parlava di continuo e lei taceva, guardando un punto indefinito davanti a sé come se non lo ascoltasse. Ma qualcosa di quelle parole, il suono forse o il tono così pacato, doveva pur raggiungerla perché, se il papà s’interrompeva, Chiara lo strattonava per un braccio, pur senza perdere la sua aria assente.

Un giorno Arturo provò a prolungare il proprio silenzio, nonostante gli strattoni della figlia. La sentì irrigidirsi e temette per un istante che stesse per farsi prendere da una crisi di furore. Ma Chiara girò la testa e, alzando lo sguardo fino ad avere gli occhi negli occhi, pronunciò un suono che poteva essere un “dai!”. Allora lui riprese a chiacchierare sorridendo soddisfatto, come un giocatore di scacchi che con una mossa poco appariscente ha aperto una crepa nelle difese dell’avversario.

“Miglioramenti quasi impercettibili, piccoli spostamenti immisurabili” gli disse lo psichiatra infantile, restio ai facili entusiasmi. “Ma la lumaca arriva sempre alla lattuga.” rispose lui stizzito.

Quella sera, un po’ per rabbia un po’ per cocciutaggine, lavorò a lungo nel garage smontando e riassemblando pezzi di vecchie biciclette per bambini che aveva raccattato in giro. Da tempo lo preoccupava l’aggressività di Chiara verso il fratello, e anche la passività di Davide nei confronti della sorella e ora, forse, aveva trovato una soluzione o quantomeno un tentativo per correggere quella condizione di squilibrio.

Dopo quella lavorò altre notti al suo progetto.

Una mattina i due fratelli trovarono in giardino una strana, lunga, bicicletta, con due sellini e due manubri, tenuta in piedi da un largo cavalletto da panettiere. Davide, intimidito, si sedette sul prato per guardarla da lontano, Chiara, che era attratta più dagli oggetti che dalle persone, la ispezionò con una curiosità vorace senza capirne l’uso, ma in qualche modo affascinata. Dopo poco la bambina era già in sella a far trillare il campanello, ossessivamente.

Arturo con un pennello fine scrisse sulla canna il nome scelto per la bicicletta. Rise quando la figlia dopo aver intinto le mani nella latta di vernice coprì d’impronte la sua scritta. E pianse quando Davide volle imitare la sorella senza che questa lo scacciasse. Nel giro di un’ora il “minimumTandem” aveva una nuova verniciatura naif, fatta di manate sparse, alcune un po’ più grandi, altre più piccole.

Era un inizio.

Certo i suoi figli non sarebbero mai arrivati da soli alla lattuga, di questo Arturo era cosciente, ma, come disse quel mattino vedendoli posare i piedi sui pedali con un qualche criterio, “nessuno ci vieta di avvicinare qualche foglia alle loro bocche affamate”. Milena annuì alle parole del marito e distese il volto in un accenno di sorriso.

 

 

46 Risposte a “minimumTandem”

  1. arielisolabella 10 ottobre 2013 a 08:56 #

    Questa storia di coraggio e follia e’ straordinaria .io scrivo di mio e raramente chiedo a qualcuno di ribloggarle ciò’ che scrive.nel tuo caso lo vorrei davvero.lo riterrei un onore.

  2. tramedipensieri 10 ottobre 2013 a 10:48 #

    Un colpo al cuore.

  3. giselzitrone 10 ottobre 2013 a 11:57 #

    Schöne Geschichte vom Mut gefällt mir gut ein lieber Gruß von mir Gislinde.

    • massimolegnani 10 ottobre 2013 a 12:37 #

      Non so il tedesco, qualcuno mi aiuta?

      • gelsobianco 10 ottobre 2013 a 12:46 #

        Bella storia di coraggio mi piace davvero un caloroso saluto da me Gislinde.

      • Gianluigi 11 ottobre 2013 a 22:55 #

        Achtung amico mio! Mi sembrava la Merker.
        Hai pagato l’imposta UE 2013 sulle parole? nooooo? ahi ahi ahi.

        Bellissimo racconto. Un abbraccio Gianluigi

      • massimolegnani 12 ottobre 2013 a 15:12 #

        eheh, una tassa sulle parole! forse sarebbe la volta che mi limiterei un po’ nel loro uso (e abuso)

        ciao GianLuigi

        un abbraccio

        ml

        > Date: Fri, 11 Oct 2013 20:55:33 +0000 > To: agilulfo_@hotmail.it >

    • massimolegnani 13 ottobre 2013 a 22:23 #

      FUR GISELZITRONE: vielen Dank für deine Schätzung
      ml

  4. gelsobianco 10 ottobre 2013 a 12:43 #

    Sono senza parole.
    Un’emozione troppo intensa mi pervade profonda.

    • gelsobianco 10 ottobre 2013 a 13:01 #

      Tu hai scritto qualcosa che taglia e ricuce.

      • massimolegnani 10 ottobre 2013 a 13:08 #

        Grazie gb per la traduzione (temevo fosse uno spam, invece e’ un commento serio!) e grazie per il bell’apprezzamento.
        ciao
        ml

  5. prishilla 10 ottobre 2013 a 14:39 #

    Mi servirebbero i baffi, per commentare con voce intatta. Ma non li ho, dunque non mi resta che applaudire a lungo, dalla mia poltrona in fondo alla sala, sperando che le luci non si riaccendano troppo presto.

    • massimolegnani 11 ottobre 2013 a 01:50 #

      ho molto apprezzato la metafora del cinema che hai utilizzato per dire la la tua commozione. Allora aspetto un po’ a riaccendere le luci in sala
      un abbraccio
      ml

  6. ammennicolidipensiero 10 ottobre 2013 a 18:38 #

    senza giudizio, nè limite. non ricordo chi lo disse, mi è sembrato di risentirlo nelle parole di arturo. ammiro il coraggio, ma solidarizzo soprattutto con la silenziosa ostinazione di milena.

    • massimolegnani 11 ottobre 2013 a 01:52 #

      drammi del genere spesso fanno esplodere la famiglia, non in questo caso.
      ciao amm..
      ml

  7. germogliare 10 ottobre 2013 a 18:55 #

    Non riesco a tenere il ritmo, ho diverse cose da leggere da te, qui c’è bisogno di fermarsi.
    Ciao

  8. rossodipersia 10 ottobre 2013 a 21:06 #

    All you need is love!

    • massimolegnani 11 ottobre 2013 a 01:54 #

      sì, love, love, anche sotto forma di foglia di lattuga.
      ciao
      ml

  9. arielisolabella 10 ottobre 2013 a 22:48 #

    L’ha ribloggato su ci sonoe ha commentato:
    Non si può’ aggiungere nulla.solo riflettere.in silenzio.

  10. the pellons' 11 ottobre 2013 a 15:40 #

    È bello perchè sono certa questa storia tu l’abbia vista, dal vero, e solo narrata. O no? Il nostro lavoro ci riempie di storie meravigliose e tremende insieme.

    • massimolegnani 11 ottobre 2013 a 16:59 #

      ho da poco sostenuto che non racconto mai la verità per intero ed ecco che subito mi contraddico! qui di dettagli inventati ce ne sono davvero ben pochi, ho solo “riassemblato” la realtà.
      ciao
      ml

  11. mizaar 11 ottobre 2013 a 20:56 #

    sono venuta a seguito della mia amica sirenetta. una storia, la tua, di cui comprendo il significato più pieno e che conosco, da insegnate di sostegno da trent’anni, per averla vissuta con i ” miei ” ragazzi almeno per una parte della giornata. il bambino si chiama come il mio alunno ” patatoso “… un caro saluto

    • massimolegnani 12 ottobre 2013 a 15:17 #

      benvenuta mizaar,
      il tuo apprezzamento “dall’interno” mi conforta.
      ciao
      ml

  12. Emilio 12 ottobre 2013 a 16:47 #

    Bella storia, ciao carissima 🙂
    Buona serata

    • massimolegnani 12 ottobre 2013 a 17:13 #

      Carissima?!?

      • Emilio 12 ottobre 2013 a 17:27 #

        Scusami, Ariel ha ribloccato il tuo post e mi son confuso commentandolo qui. Spero di non esser stato invadente…

  13. massimolegnani 12 ottobre 2013 a 19:24 #

    Nessun problema, anzi grazie

    • arielisolabella 17 ottobre 2013 a 14:32 #

      Emy e’ un po’ distratto sai M ma è’ tanto bravo che tutto gli si perdona 🙂 ciao

  14. ili6 12 ottobre 2013 a 22:32 #

    val davvero la pena seguire i consigli di lettura degli amici di rete. Ringrazio Ariel per avermi portata qui col reblog e mi complimento con te per questo post. Un’intensa emozione. Ai tanti Arturo e Milena va il mio forte abbraccio.
    Ciao,
    Marirò

  15. floriangela 13 ottobre 2013 a 13:12 #

    Bello,coinvolgente… Bravo.
    Un’altra “tipa” al seguito della coda squamosa… 😉

  16. lilasmile 13 ottobre 2013 a 18:23 #

    Sì, le foglie di lattuga si possono avvicinare alle bocche affamate dei bambini ed è l’amore quello che ci fa comprendere certi valori e certe emozioni. Grazie per queste tue parole.
    Un sorriso, Lila

    • massimolegnani 13 ottobre 2013 a 19:42 #

      sì, è questo il senso.
      grazie a te per la lettura partecipe
      ml

  17. monika santi 14 ottobre 2013 a 17:56 #

    delicatissima!

  18. ester 17 ottobre 2013 a 01:15 #

    “E avrebbe ragione, perché io sto sostituendo la mia emotività a quella del mio personaggio e fatico, andando avanti, a rispettare il suo carattere cocciuto.”

    ma l’hai scritta tu questa storia, l’hai vista vivere, hai visto i protagonisti soffrire controcorrente, l’hai ricreata per noi… dramma senza fine, eppure arcobaleno di sensazioni preziose…
    Qualcuna scrisse qualcosa su un fiore che non sarà mai una rosa, ma sempre un bellissimo geranio, il suo geranio. Non ho letto questo romanzo, ma ne sentii la scrittrice stessa parlarne in tv.

    Bellissimo testo questo tuo!

    • massimolegnani 17 ottobre 2013 a 10:49 #

      forse avrei dovuto scrivere “persona” anzichè “personaggio”, ma la realtà quando la si racconta diventa finzione (e non è uno sminuirla, è renderla…commestibile)
      grazie Ester,
      c.

  19. giuliagunda 22 ottobre 2014 a 12:42 #

    Dopo aver letto ci si sente cullati, questo racconto è una tenerezza che si premura di abbracciare e coccolare subito dopo aver intristito.
    Arturo è dolcissimo.
    Non so dove finisca il vero e dove inizi la fantasia, ma l’immagine del tandem è preziosa, aiuta a trovare un punto di contatto tra quei due esseri così vicini e così diversi, li invita e “costringe” a trovare un’armonia, anche se dissonante (e in più sembra celebrare quel pedalare che tanto ami).
    Quella mappa immaginaria che disegna il procedere di Arturo nella vita (le “strade a raggiera che si interrompono appena nate”) è davvero calzante, rende benissimo l’idea.

    Molto bello ml, grazie.

    G.

    • massimolegnani 22 ottobre 2014 a 12:59 #

      purtroppo qui di fantasia ce n’è davvero poca.
      non è un caso che io e Arturo abbiamo pedalato insieme un tempo.
      grazie a te G.,
      ml

      • giuliagunda 22 ottobre 2014 a 13:00 #

        Me lo sentivo! Mi dispiace, in ogni caso lui è dolcissimo e anche tu. 🙂

      • massimolegnani 22 ottobre 2014 a 13:19 #

        🙂

        Date: Wed, 22 Oct 2014 11:00:08 +0000 To: agilulfo_@hotmail.it

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