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Chiusa la porta di casa a doppia mandata chiamò l’ascensore. Di fronte allo specchio della cabina si sistemò il nodo della cravatta, si lisciò i baffi sottili e si diede un’ultima pettinata con il fido strumento che teneva nel taschino interno della giacca. Nonostante questi piccoli aggiustamenti gli rimase appiccicata un’espressione poco soddisfatta. In effetti Giuliano Lamberti aveva una faccia fiacca, da ceto medio tendente al basso, a scelta poteva essere bancario ancora avventizio a dispetto dell’età, impiegato di poco concetto e ancora minori responsabilità o precario pericolante della riformata Scuola Pubblica. Di fatto era archivista di tutto il cartaceo del suo Comune, polvere e solitudine nel sottotetto del vecchio palazzo del Municipio.
L’ascensore si arrestò quasi subito, lui vide l’immagine riflessa della ragazzina dell’ottavo piano che entrava imbronciata e si voltò per salutarla. Continua a leggere →