
by c.calati
C’è un nocciòlo sotto casa mia che fa da riparo al vento dell’inverno e, d’estate, ombra e ombrello a una panchina dove a sera la gente prende il fresco, il fresco e qualche fronda dalla pianta per via delle nocciole troppo buone e delle zanzare da scacciare. Prende il fresco e se la conta, che se stessi un po’ più attento sarei aggiornato sul mondo e sul paese, ma mi confondo facilmente, non capisco i suoni delle lingue e dei dialetti. Allora mi accontento del cicaleccio sincopato che s’arrampica sui rami e sale su fino alla mia finestra.
A sera la gente prende il fresco, e mi sta bene, ma di giorno quella panchina è mia. Spesso quando mi sveglio ho una strana irrequietezza, come di belva in gabbia. Forse è il timore che la panchina sia occupata da qualcuno che magari si riposa sulla strada del mercato. Mi metto in ascolto e se sento un silenzio promettente mi azzardo sulla strada, pochi passi svelti da soldato in campo aperto a tiro di cecchino e mi ritrovo lì, sotto al nocciòlo, ad occupare la mia panca. E lì io resto, il canale a pochi passi, il campanile sullo sfondo.
E subito sto meglio.
La gente crede che io stia lì a far niente, come fossi inebetito. Passa e mi saluta, ciao “Pedala”, il sorrisetto stronzo sulle labbra. Io lascio lo sguardo fisso lì dove ce l’avevo e non rispondo. Quel nomignolo mi manda in bestia. Risale a quando consumavo il tempo su una bicicletta sgangherata e i bambini del paese inseguivano la mia fatica con un coro di “pedala, pedala” e sassetti e sputi d’incoraggiamento mentre arrancavo sullo stradone per la chiesa.
Bastardissimi bambini.
Consumavo il tempo su una bicicletta sgangherata, lo sminuzzavo avanti e indietro senza meta e senza gioia, come fosse una missione. Finchè un giorno la vocazione se n’è andata, così, di punto in bianco. Uno smarrimento, giusto a metà del ponte in pietra, la sensazione di un errore madornale. Un’azione senza senso questo masticare il tempo come una bistecca dura. Così ho sollevato la bici sopra la testa e con un urlo l’ho scaraventata nel canale. Poi mi sono seduto sulla panca, esausto. E lì, sotto il nocciòlo, mi sono lasciato invadere da una quiete lenta, come una comprensione universale. Di fronte avevo il campanile a scandir le ore, una dietro l’altra, il tempo circolare e falso delle lancette che sempre tornano a se stesse. Ma vicino a me avevo il canale, il silenzioso scorrere dell’acqua, le particelle limpide che, sempre uguali, non sono mai le stesse. È quello il tempo che ti passa sotto il naso e mai ritorna indietro e il ponte a separare il tempo liquido che arriva da quello che va via. È questo il tempo vero da guardare.
Da quel giorno torno ogni giorno all’ombra del nocciòlo. Sto lì tranquillo, lo sguardo fermo all’acqua, che da sinistra corre verso destra. Sembro assente, invece stringo in pugno lo spazio e il tempo, come dire comprendo tutto quanto c’è da sapere.
Ogni tanto si ferma un’auto, mi dicono “ehi, buon uomo” e mi chiedono un indirizzo.
Io mi alzo in piedi, che magro e sgraziato come sono assomiglio al campanile, e lentamente sollevo il braccio destro ad indicare la direzione che ha preso l’acqua, l’unica cosa che dovrebbero sapere.
E quando il braccio è alto e teso modulo un “uuhuhuuu” sempre più potente, come salmodiassi un inno sacro.
Ma loro non capiscono il messaggio, guardano perplessi l’aggeggio sul cruscotto che dovrebbe dirgli dove andare e invece tace, e prima di ripartire alzano gli occhi al campanile per sapere l’ora, anziché abbassarli all’acqua per capire il tempo. Poveri imbecilli che non sanno.
letto tutto d’un fiato e nella testa ” acqua che scorre” di Silvestro…
Buona giornata
tati
..che non è il gatto, ma Daniele 🙂
bella la tua lettura tutta d’un fiato e la canzone che l’accompagna.
grazie Tati 🙂
ml
Per fortuna sei più avanti delle mie dita pazzerelle… 😉
Felice ti sia piaciuta
Buon pomeriggio
🙂
A te
insomma, quando non ci sarai più, sai già che tanti ti ricorderanno come quello che al mattino stava sempre sulla panchina… pensa, di tutta una vita spesso è un singolo particolare che aiuta la memoria o la fissa.
sia che si parli di paesaggi e sia che tratti di individui, resta solo qualche lampo.
..ad andar bene qualche lampo.
ma i lampi, per un istante, squarciano il buio, e questo mi basta.
un sorriso, Teti
ml
La lettura del tuo post, il suo ritmo mi hanno portato alla mente una ballata americana:
grazie per l’accostamento, rodix, giù al fiume, una bellissima ballata.
ml
Quanto incanto nello stare fermi ad ammirare l’acqua, un albero che ci piace, starsene in pace e in silenzio. Ma questi dettagli le persone non li capiscono ed è meglio, sono solo tuoi, io ne sarei gelosa. Capire le emozioni che dei dettagli apparentemente insignificanti ci suscitano non è roba per tutti.
sì! e c’è orgoglio in quella sensazione di essere gli unici a sentire la potenza di quei dettagli trascurati dai più.
ciao V (bellissime le tue parole, sai)
ml
È molto bello!
Su tutto una frase mi colpisce e ci rifletto nonostante credo esuli dal tuo post: la direzione che dovremmo sapere e che a volte, nel credere di non essere guidati dalle giuste coordinare, rifiutiamo di percorrere per paura che bagnandonci alla fine affogheremmo. Forse il nostro viaggio è imparare a nuotare per arrivare al mare.
Un abbraccio 😀
non esula, non esula 🙂 il tempo è liquido e noi dovremmo nuotarci dentro…fino al mare.
un abbraccio a te 🙂
ml
Io uguale, uguale a te.
Uguale a me per via dei baffi? Ma io ho anche la barba 🙂
( lasciami scherzare, so che ti riferivi alla blogga)
E a me questa cosa mi fa tanto ma tanto piacere (perché ti leggo e ultimamente mi freno nel commentarti per pudore di “entrare” troppo)
Perché? Mi dispiace, entra pure, sei comunque la benvenuta
Sempre bello leggerti
Stupendo ritrovarti 🙂
ti abbraccio
ml
Un abbraccio a te
🙂
Anni fa ho letto un libro e questo tuo racconto mi ha ricordato i sentimenti che aveva suscitato in me. Una dolce e malinconica solitudine, la difficoltà nel farsi comprendere, le grida, forse un modo per modulare l’incomunicabilità, il tempo liquido che scorre nonostante gli sforzi di chi tenta di trattenere e irregimentare chi sfugge alle logiche del vivere comune, così come non si può trattenere l’acqua nel cavo delle mani. Ho amato molto la fluidità del tuo scritto, mi ci sono accomodata dentro facendomi cullare dalle suggestioni.
Mi piace descrivere l’aspetto poetico della follia.
Felice che ti sia piaciuto, Mela
ml
(che libro era?)
Il mugnaio urlante di Aarto Pasilinna, uno scrittore finlandese. Se ti capita leggilo 😊
Dovrei aver gia’ letto qualcosa di di Pasilinna, leggero’ anche questo 🙂
E’ sempre un grande piacere leggerti. I tuoi post sono piccole grandi parentesi che si leggono tutte d’un fiato ma che ti lasciano lì quella sensazione che dura. E’ vero, il tempo è liquido e a me piace pensare che, proprio come l’acqua, sia possibile fargli cambiare forma e velocità con la quale scorre (almeno apparentemente, certo).
Ciao Massimo! 🙂
Grazie Arianna, condivido e mi affascina la tua idea di plasmabilita’ dell’acqua/tempo.
Buona serata 🙂
ml
Sai perché ho scelto la piccola casa in cui abito? Per via del canale che le scorre accanto. Passo i momenti più intimi, silenziosi e quieti della mia giornata a guardare l’acqua scorrere veloce, composta e silente. Magari con una tazza fumante di caffè in mano. Mi piace sempre leggere di chi punta i piedi, si ferma, cambia direzione, sovverte il proprio sistema, i propri riferimenti. L’essere e mettersi “di traverso”, ostinatamente anche. Provocatoriamente. A suscitare emozioni sepolte e negate. Sarà perché sono frenato dalla paura di farlo io stesso. Il tempo è liquido, scorre e lava. Nulla torna più come prima. Vista così, l’acqua che scorre inesorabilmente verso valle potrebbe sembrare uno spettacolo triste, far sentire piccoli, impotenti. A me carezza l’anima.
Paolo, l’ambientazione del racconto è ciò che in realtà vedo dalla mia finestra, il nocciolo, la panchina, il canale, il ponte in pietra! E la trama non è altro che l’elaborazione dei pensieri che mi suscita lo scorrere del canale. Insomma c’è un’assonanza totale tra noi per l’ambiente e per il modo di sentire questa vicinanza all’acqua che scorre. condivido tutto quello che dici, soprattutto le considerazioni personali.
un sorriso
ml
Ecco. Tutto torna. Ci sono davvero dei tratti comuni, sovrapponibili nel nostro modo di vedere e sentire. Ciò che rende ancora più dense e partecipate le letture (senza farne una questione di stile, senza nulla togliere alla bellezza, alla ricchezza, alla scabra, materica poesia – che tanto mi piace e poco mi appartiene – dei tuoi scritti, Massimo). Gusto, assonanze, affinità, di più: modi di intuire e interpretare la vita. Anche se all’atto pratico, le vie che prendiamo – ho la presunzione di dire – sono diverse: in te leggo la presa di posizione manifesta e unitaria (ho letto di là e confermo: è ciò che leggo, che ho sempre letto – e mi è sempre piaciuto), in me la mano ritratta all’ultimo, magari, ma davanti alla stessa intenzione, la stessa aspirazione…
E’ un discorso lungo. Attraversa il tessuto di cui siam fatti, la vita. E passa, trasuda nei nostri scritti…
Come si diceva quella volta?
Ne parleremo, prima o poi, illuminati dalla fiamma del camino, accompagnati da un buon vino…
Un sorriso a te!
Buona giornata,
Paolo
belle le somiglianze tra noi, e belle anche le differenze, sempre rispettose dell’altrui modo. 🙂
un abbraccio a te
ml
(e lo faremo prima o poi quell’incontro)
“Ma loro non capiscono il messaggio…” e considerano folle chi sa guardare dentro e dietro le cose, perché per loro è più comodo vivere in superficie. Sono scelte, sì, ma non sanno quello che si perdono.
cibergam
“poveri imbecilli che non sanno” sintetizza il protagonista e ci ha ragione 🙂
un sorriso a te, cb
ml
una ballata del tempo che va…. non torna indietro, non fa curve,..
e che bello rimanere invece noi ogni tanto apparentemente immobili a vedere il fiume che va…
sì, guardare l’acqua e leggere la vita, il tempo 🙂
un sorriso, Alessia
ml
Per imparare la saggezza del tempo che scorre, non c’è bisogno di andare lontano e di smaniare nel cercare la giusta direzione e la giusta indicazione, basta fermarsi a guardare l’acqua, ad ascoltare il non-rumore che fa la quiete.
Pochi sanno farlo, ma quando ci si riesce, anche se solo una volta ogni tanto, c’è di che esserne orgogliosi.
Sai, l’acqua del canale quando passa sotto il ponte di pietra fa proprio un non rumore, lo vedi più che sentirlo.
Un sorriso, Sabina
ml
“È quello il tempo che ti passa sotto il naso e mai ritorna indietro e il ponte a separare il tempo liquido che arriva da quello che va via. È questo il tempo vero da guardare.” ❤
Non si può leggere in fretta un tuo racconto come questo.
– non ho tempo ora –
Anche io scorrerò nel tuo blog come l'acqua del canale… e ti parlerò.
A presto, ml.
gb
…con non parole che tu potrai vedere più che sentire.
gb
non parole che faranno un non rumore come l’acqua che scorre.
questo volevo dire.
ora però mi sto chiedendo come riuscirò in questa mia impresa… 🙂
credo proprio con parole che mi verranno “liquide” in silenzio dall’emozione dopo averti letto.
gb
difficili le non parole 🙂
e io aspetto che scorrano
A presto,
ml
per ora le “sento” 🙂
bè, già dalla prima lettura hai assimilato il senso delle parole 🙂
un sorriso, gb
ml