
by c.calati
Dev’essere stato il fulmine a svegliarmi da questo sonno insolito di tardo pomeriggio. Stanno cadendo lampi a secco, senza pioggia, c’è odore di aria bruciata che penetra dai vetri aperti. Troppo silenzio qua dentro e penombra irreale. La stanza del “Monferrato” mi sta improvvisamente stretta, ho bisogno di uscire all’azzardo della pioggia.
Ma fuori non piove e ha smesso di tuonare. Il tempo è come fermo. Via Palestro nell’ora della calca è vuota, la cantilena di passi e voci che mi aveva cullato il sonno fuori orario adesso tace. E c’è una strana nebbia, un vapore che non bagna, una coltre lattiginosa che nasconde le persone e annulla i suoni. Mentre mi guardo le mani per sentirmi vero, passa un bimbetto che trascina un giocattolo rotto. Lo vedo, almeno lui! Ha una testa tonda e tozza, uno sguardo inespressivo e gesti goffi. Lo fermo e gli chiedo dove siano i suoi genitori. Mi fissa muto e poi si volta indietro come a cercare rassicurazione in un volto adulto amato. Guardo nella sua stessa direzione e incontro solo una nebbia più compatta che altrove, come un bozzolo di baco. Agito le mani verso quell’ovatta ma la trapasso senza incontrare nulla.
Risalgo la via sempre più stranito, dove sono tutti? e queste ombre bianche sono loro, la gente?
Non lo so, brancolo in un buio fatto di luce.
“Posso fare qualcosa per lei?” Davanti a me un vecchio malvestito, sbucato non so da dove. È di una magrezza dignitosa. In mano ha una pipa di schiuma che ogni tanto porta alla bocca mentre aspetta paziente che gli risponda.“Non capisco nulla” gli dico indicando il biancore che ci circonda. Lui sorride da un volto incartapecorito che conserva vivacità solo negli occhi di un azzurro intenso. “Lei non è di qui, vero?” Gli confermo che sono arrivato da appena due giorni. “Bè, capita al momento giusto. Oggi è il 18 agosto, una data importante per Ivrea, anche se la gente non ne parla volentieri.” Gli faccio notare che di gente non ne ho vista, solo lui e un bambino poco prima, il resto un deserto desolante. “Già, la nostra nebbia di mezzo agosto” dice, come fosse un fenomeno conosciuto. Cerco d’incalzarlo: “Si tratta di una specie di carnevale, in cui anziché dietro le maschere ci si nasconde nella nebbia?” Lui si limita a scuotere la testa e a sorridermi senza preoccuparsi di mostrarmi i denti rovinati. Poi con la pipa mi indica una donna che sta attraversando la piazza. Un’altra presenza viva, sono tentato di abbandonare il vecchio e correrle dietro, interrogarla, arrivare a capire. Ma l’uomo riprende a parlare: E’ la puttana del Gramsci, e dà a quelle parole una dolcezza infinita, poi torna aspro, almeno così la chiamano, a marchio, anche se il liceo l’ha lasciato da anni.”
E mi racconta di questa studentessa che un pomeriggio in palestra inizia a spogliarsi per l’insistenza del suo ragazzo. Quando si accorge che lui ha nascosto lì i suoi amici a testimoniare il proprio successo, la ragazza non si ferma. Va avanti fino in fondo, la pelle coperta di brividi e di lacrime. Davanti a lei sghignazzi senza volto e cellulari a immortalarla. La voce del vecchio s’è fatta malinconica e furibonda, lui mi guarda come se il racconto spiegasse tutto. Io comprendo poco, però provo un’emozione sconosciuta osservando la donna che ci passa accanto. Né bella né brutta, sembra che ancora porti in viso con fierezza i segni dell’umiliazione subita. E viene voglia di chiederle perdono.
L’uomo anziano mi prende sottobraccio, Andiamo mi dice, e iniziamo a girovagare per la città spopolata. Ovunque la medesima caligine e la stessa assenza di persone, ma ogni tanto incontriamo una figura solitaria che si staglia in una sorta di alone luminoso. Sono tutte figure minori, che in un giorno qualunque non avrei nemmeno notato. Di ciascuna Corrado, il vecchio di cui ormai sono diventato amico, vuole raccontarmi la storia. Storie di poco conto, episodi minimi successi di recente o in un tempo lontano, Jamal che spaccia accendini nei parcheggi, Anna la pazza che parla coi gatti e tace coi cristiani, Gianni l’evaso, subito ripreso per sua scelta, perché non aveva un posto dove stare. L’Ingegnere è al suo esordio tra noi, mi dice Corrado quando arriviamo di fronte a un uomo ritto come un palo nello slargo del Borghetto. Ha un cartello appeso al collo e sul volto ben rasato la sofferenza imbarazzata di chi non è abituato a chiedere. Corrado gli si avvicina, gli sfila di dosso il cartello, questo non ti serve, oggi, gli dice abbracciandolo. Riesco a leggere una frase: “mi scuso e mi vergogno, ma sono costretto a chiedervi l’aiuto di un lavoro…” Il mio recente amico chiede se ora comincio a capire.
Rispondo perplesso: Mi rendo conto che c’è un nesso di tristezza tra queste persone, ma il più ancora mi sfugge. Si tratta di un fenomeno dettato dal caso, tipo a chi tocca tocca, o è una specie di nebbia “intelligente e giusta”?
Corrado ride: “Nessuno a Ivrea ha voglia di fare domande e dare spiegazioni su questo piccolo mistero che si ripete puntuale negli anni. E oggi chi ha un seppur minimo potere, una qualche reputazione da difendere, anche solo un’immagine appena decente da salvaguardare, in pratica la maggior parte dei miei concittadini, se ne sta rintanato in casa. Sai lo smacco a scoprirsi e a mostrarsi invisibili! Solo pochi se ne vanno in giro sfidando il giudizio della nebbia, e ancora meno sono quelli che la nebbia risparmia e fa rifulgere. Noi, gli eletti di oggi, siamo i derisi, gli ingenui, i trascurati, noi siamo quelli che tutto l’anno perdono, senza che ci sia un valido motivo alla sconfitta.”
Mi affascina il sereno orgoglio di Corrado. Ora capisco che di questa vicenda l’aspetto fondamentale non è comprendere perché accada ma sapere che succede. C’è però un dettaglio che mi mette a disagio: “Perché proprio io con voi?”
Il mio amico sorride comprensivo: “C’è bisogno di qualcuno, estraneo a noi, che abbia gli occhi giusti per vedere e raccontare.”
Ritorniamo senza fretta verso il centro. Ripassando sul ponte in pietra, mi sporgo dalla spalletta: dalla Dora lentamente sale un vapore compatto.
Un modo affascinante per pesare le anime. Forse Dante te lo avrebbe invidiato. Bravo, un bel narrare 😊
grazie! un modo per pesare le anime ancora sulla terra senza rinviare il giudizio a un ipotetico aldilà 🙂
buona notte, Mela
ml
Notte a te, stasera ore piccole ma adesso spengo il cervello 😊
anch’io 🙂
Quando scrivi sembra di entrare nei tuoi racconti,lo penso ogni volta,complimenti . La capacità di dare atmosfera alle parole è arte sublime 😌
ti ringrazio, sei davvero gentile, soprattutto per esserti soffermata su un racconto “difficile”
un sorriso,
ml
È la bellezza che nasce dalle difficoltà che da maggior soddisfazione. Buon giornata. 🙋
A te 🙂
Che scrittura leggera. Complimenti.
Sei gentile, Mandorla.
Ti ringrazio e ti do il benvenuta qui
ml
come sempre riesci a scrivere racconti che fanno riflettere e assolutamente mai banali,anzi spesso mentre si è coinvolti nella lettura non vien da pensare se sia una storia vera o inventata, la si gusta e la si soppesa in ogni suo aspetto recondito.Ciao Massimo, bella serata!
Ho cercato di rendere credibile un evento ovviamente inventato ma che sarebbe salutare per la citta’, per qualunque citta’
Le tue parole mi gratificano, Daniela
buoni giorni di festa
ml
liete feste anche a te 🙂
Grazie 🙂
un bel racconto. Senza ombre di dubbio. Un passeggiare tra un’Ivrea quasi surrelae ma magicamente viva.
la vorrei viva e vitale a questo modo e non solo a tirare arance a carnevale.
grazie GianPaolo
ml
E pensare che tanti anni fa sono stato a un pelo dal finire lì. Bastava una mia firma ma poi ho rinunciato.
Magari non era il tuo caso, ma erano i tempi in cui Ivrea con l’Olivetti attirava menti da tutta Italia 🙂
sì, forse ho fatto la scelta giusta.
Visto come sono andate le cose qui, direi di sì
🙂
😀
i tuoi racconti rapiscono e ti conducono lontano, dove vuoi tu. Non conosco i posti, ma ho visto la nebbia…e la Dora…e ho sentito la voce della gente che diceva cose strane…come in un film. Un racconto davvero be scritto, bravo te, come sempre 🙂 Buona Pasqua
grazie Alida per queste belle parole, sei davvero gentile.
Buona Pasqua a te
un sorriso
ml
io sarò anche gentile, ma tu scrivi davvero bene 😉
!!gongolo!!
🙂
ma dai che meraviglia è 🙂
La meraviglia piacevole è la tua riapparizione 🙂
Ben tornata, Patrizia
ml
Grazie 🙂 🙂 proverò a non lasciare il blog per tanto tempo, poi bisogna aprire le finestre e cambiare l’aria 🙂
un sorriso di buona giornata 🙂
occorre leggerlo più volte, ha significati stratificati, come la nebbia
Vero, non è un racconto di immediata lettura.
Inseguivo un’idea..nebulosa:)
Un abbraccio
ml
Un racconto che ti avvolge proprio come la nebbia e che ti fa riflettere. Complimenti.
Un racconto (e una nebbia) da meditazione, come certi vini.
Grazie Daniele
ml
Bellissimo… Un racconto breve, ma ti cala subito nell’atmosfera. Ci penserò ancora un po’ su…
quel “ci penserò ancora un po’ su..” per me che l’ho scritto è un regalo.
grazie
ml
Più il racconto è breve, più tempo ci vuole per capirlo bene 🙂
certe volte alla prima rilettura nemmeno io mi capisco bene 🙂
buonanotte Bloom
Si posso immaginare ahaha buonanotte a te
Toccante e commovente…
Un abbraccio, Massimo 🙂
Lieto del tuo apprezzamento Chiara
Ti abbraccio
🙂
ml
particolare….
difficile…
bello come al solito!
cucù! pensavi di esserti liberato di me, eh! e invece no! stasera continuo a recuperare tutto cio che avevo perso e quindi ricoprirti di commenti!!!
aahaha!
che già mi hai dimenticata… cattivo!
aahah
a dopooo
bello e simbolico che ricompari proprio in questo brano; penso che tu saresti visibile nel giorno della “nebbia di Ivrea” 🙂
ml
Probabile di si…
Anzi lo spererei… vorrebbe dire che la mia anima è ben visibile… che non ha paura a mostrarsi…che non si nasconde, ma sta dalla parte giusta….
proprio quello che intendevo io 🙂