
by c.calati
Albert, per quanto si sforzasse, non riusciva a immaginare il mare.
Conosceva a malapena quell’angolo di Fiandra dov’era nato e il suo sguardo non andava oltre il primo crinale di colline. Sapeva che esistevano distese d’acqua enormi, ma a questa enormità non era in grado di dare confini e consistenza. Spesso, appena i lavori alla fattoria glielo permettevano, sgattaiolava fino allo stagno delle anatre, al di là della torbiera e lì, seduto su un bordo erboso, fissava l’acqua, increspando con la fantasia la sua superficie troppo ferma e cercando di moltiplicare all’infinito l’estensione per capirne la grandezza. Ma s’inceppava quasi subito nel calcolo, non arrivava che a figurarsi un laghetto appena un po’ più grande e un po’ più mosso. Allora stava lì inebetito, come a metà di un guado impossibile tra la voglia di sapere e l’incapacità d’immaginare. Poi la voce incarognita del padrone che gli prometteva cinghiate e calci in culo lo riportava ai suoi doveri.
Una sera, mentre rigovernava le bestie, Albert vide una figura sulla paglia in un angolo buio della stalla. Gli si avvicinò brandendo il forcone. L’uomo rise:
Ehi, ragazzo, di che hai paura? Ti sembro pericoloso?
In effetti Conrad aveva un aspetto mite, capelli arruffati, barba bianca, abiti laceri e un puzzo non diverso da quello delle capre e delle vacche che gli stavano intorno. E quando rideva, come ora, mostrava una bocca mezzo sdentata, assai poco minacciosa. Aveva ripreso a sbucciare una pera, senza badare all’avanzare del ragazzo.
Che ci fai qui?
Per ora mangio una pera, poi ho intenzione di dormire al caldo delle bestie.
Da dove vieni?
Da Namur. Ma sono stato ovunque mi hanno portato le gambe e il cuore.
Hai visto anche il mare?
Certo, ragazzo. Sono stato marinaio sui vascelli per le Indie.
Albert abbassò il forcone:
Raccontami com’è.
Conrad si pulì le mani nei pantaloni, rise e prese una specie di fisarmonica di legno con pochi tasti e il mantice in cartone. Si mise a suonare una musica strana, dapprima lenta e poi vorticosa, infine sommessa.
Eccoti servito, ora lasciami dormire.
Ma non mi hai detto niente!
Ti ho portato al mare, scemo. Ma tu sei ancora bendato e sordo.
Dai, dimmi qualcosa, fammi capire.
No, voglio dormire. Avremo tempo quando tornerò da queste parti.
Albert rimase lì appoggiato al forcone a guardare il vecchio che dormiva. In testa gli rintronava la musica, come il brandello di una stoffa sconosciuta.
Conrad compariva senza preavviso, dopo un mese o un anno o per tre volte di seguito nella stessa settimana. Si stendeva sulla paglia, mangiucchiava qualcosa e come promesso raccontava il mare. Parole di stupore accompagnate sempre dalla musica. Le onde e la bonaccia, le coste scoscese, le spiagge con le palme, il nulla all’orizzonte, lo smeriglio del sale sulla pelle, la sete in mezzo a tanta acqua, i salti dei delfini, i voli sfiniti degli albatros, il sole la pioggia il vento, così diversi quando sei per mare, i mille colori dell’acqua, la noia lunga, il pericolo che arriva all’improvviso, e a volte dopo il pericolo, di noi restavano solo i relitti che lenti arrivavano a riva. Ogni parola accompagnata da un suono e da una smorfia che ora sottolineavano la malizia del marinaio che si fa femmina per necessità, ora il terrore degli uomini per le onde troppo alte, finiremo in pasto ai pesci, disse alla fine con occhi spiritati, e non si capiva se si trattasse di una previsione generica o se l’uomo fosse ancora immerso nel tumulto del racconto. Albert ascoltava sgranando gli occhi e poi non ci dormiva la notte a cercare di mettere insieme quei tasselli, gli mancava un piano solido su cui poggiarli. Allora la volta successiva, che poteva essere il giorno seguente o mesi dopo, tempestava il vecchio di domande, le più disparate e le più ingenue: ma se avete sete non potete bere l’acqua del mare? Cosa vuol dire che il marinaio si fa femmina? Quanto è lontana l’altra sponda del mare? L’uomo non sempre gli rispondeva, quasi non volesse sciupare con troppi dettagli lo stupore confuso del ragazzo. Ma Albert aveva bisogno di comprendere, correva a guardare la chioma degli alberi piegarsi nelle giornate di vento e si chiedeva se allo stesso modo si piegassero gli alberi che reggevano le vele, guardava l’erba alta dei pascoli scompigliata dalle folate, sono così le onde? Guardava ma non veniva a capo di nulla. Confessò al vecchio di andare spesso allo stagno in cerca di una risposta, senza che questo lo aiutasse a capire.
Lo stagno non ti serve. Guardati dentro e capirai. Aiutati col vento di questa notte che fa tremare le travi della stalla. Chiudi gli occhi, sei sulla tolda. Questo è lo stesso scricchiolio del legno del veliero, lo stesso gemito delle assi pressate dall’acqua e la banderuola sul tetto cigola allo stesso modo del sartiame. Ascolta i rumori e immagina una notte di tempesta in mare. Tu sei il mozzo al primo viaggio su questo bastimento che galleggia per miracolo.
Albert chiuse gli occhi mentre l’amico aveva ripreso a suonare. Incominciò a barcollare come gli mancasse il pavimento sotto i piedi. Beccheggiava ubriaco al suono ossessivo della fisarmonica. All’improvviso si afferrò alla bassa paratia che separava i cavalli dagli altri animali e vomitò la cena. Stava male ed era finalmente felice.
Ahahah, questo è il tuo battesimo. Benvenuto a bordo, ragazzo.
Conrad guardò divertito il ragazzo che si dimenava allegramente tra la paglia come se nuotasse.
Quella notte non dormirono, troppe cose da raccontarsi. Perché ora anche il ragazzo raccontava e soprattutto ora “vedeva” con certezza ogni parola che l’uomo gli diceva, la distesa d’acqua piatta come l’olio più insidiosa delle mareggiate, perché se non c’è vento non ti muovi, stai lì, fermo e impotente, in mezzo al mare, la magia delle maree, devi aspettare che il mare si alzi tanto da sembrare un mostro prima di entrare in porto sennò t’incagli sui fondali, tutti i colori del mare, dal nero della notte al verde della bottiglia, dal blu del cielo al trasparente del vetro, e per ogni colore cavava una nota differente e precisa dal suo strumento, per il trasparente scelse il silenzio, solo occhi sbarrati che scrutavano il fondo del mare.
Il vecchio sparì così come era apparso. Andato altrove o forse morto poco lontano da lì, senza aver mai confessato al giovane amico il suo segreto: nemmeno lui aveva mai visto il mare.
Hai descritto un desiderio, un brano musicale, profumato di salmastro, blu come l’oceano più profondo. Bellissimo, triste e dolce, intenso.
grazie, sempre buonE (la mela e la Mela, che mi date freschezza)
un sorriso
ml
Conosco bene il Belgio, mi hai riportato in quei paesaggi e ho la speranza che Albert sia poi andato ad ammirare la potenza selvaggia del mare del Nord
ho scelto la parte interna del Belgio perchè non è così distante dalla costa, come qualcosa a portata di mano che forse non raggiungerai mai se non con la fantasia. (e il Mare del Nord simboleggia bene i diversi caratteri del mare)
🙂
bellissima ….. la fantasia supera qualunque realtà
grazie, è il potere sconfinato della fantasia
🙂
ml
Un post bellissimo, dolce ma anche amaro.
Un po’ come la vita, insomma.
ti ringrazio, Pindara.
confesso che mi rivedo un po’ in quest’uomo che ha vissuto e che racconta come vero anche ciò che non ha vissuto.
un abbraccio
ml
Complimenti davvero, è bellissimo e mi ha profondamente commosso.
ti ringrazio, mi fa piacere il tuo coinvolgimento emotivo.
ciao Daniele
ml
Sono rimasta senza parole, è un viaggiare lento e profondo in queste tue parole.
Mi è piaciuto tanto. Grazie 🙂
pensa che sono stato incerto se postarlo, mi sembrava un brano troppo sospeso nel nulla, in equilibrio precario tra l’immaginazione prepotente e la realtà frustrante.
un abbraccio riconoscente per il tuo apprezzamento
🙂
ml
Per fortuna hai cambiato idea!
E’ una sospensione da incanto, un cullarsi dolce tra ciò che potrebbe e ciò che non è… è un dolce naufragare ( semicit) 😉
ti sorrido
Tappa forte le orecchie, serra la bocca e gonfia con l’aria le guance… sei sott’acqua!
Ah il mare…
Ti abbraccio!
eh, tu gliel’avresti spiegato bene il mare 🙂
ciao Blogga, un sorriso
ml
Incantata….
oh!
mi fa piacere 🙂
ciao .marta
ml
veramente bello questo racconto basato sulla forza dell’immaginazione. Pur non avendo visto il mare sono riusciti a vederlo.
Bravo e complimenti
il vecchio soprattutto ha fantasia e capacità di suggestione, la bella suggestione 🙂
grazie GianPaolo per l’apprezzamento
ml
ciao
🙂
Se non avessi mai visto i libri mare me lo avresti raccontato tu e anche la musica hai saputo farmi sentire. Chapeau
oh, grazie davvero, m’inchino, come sul palcoscenico a teatro, tenendo per mano il vecchio e il ragazzo
🙂
ml
Così dev’essere!
Ti sorrido
Ricambio
🙂
Chi ama il mare sente l’ esigenza di fotografarlo e descriverlo a chi non lo vedrà mai, io l’ ho fatto.
Fa parte del nostro istinto cercare di “suggestionare” (detto in senso positivo) gli altri riguardo a ciò che amiamo.
Un sorriso
ml
Magnifico racconto. Io sono una difficile lettrice per gusti e ti leggo riga dopo riga con immenso piacere… arrivo alla fine e mi dico: sarà un estratto tratto da Calvino o da qualche altro illustre scrittore italiano. Rimango sempre a bocca aperta quando vedo che non c’è riferimento ad alcuno, che lo scrittore sei tu. Rimango a bocca aperta perché tu scrivi davvero bene e – a quanto so – lo fai con uno stile come dire umile, oblativo, di dono. A differenza della infinita moltitudine di scrivani che oggi pubblicano a ogni refolo di vento e vanno in giro con il megafono ad annunciare. Scusami lo sfogo ma sono stata inseguita da taluni di loro forse perché pensavano che io fossi nel campo o una editor.
Tutto questo per dirti bravo. La tua scrittura meriterebbe un mare di applausi. Il mio ti arrivi su un’onda fresca.
Eletta
E’ un’onda fresca, il tuo commento, che mi ha avvolto, lavato, “purificato” e commosso.
Grazie Eletta, le tue parole mi gratificano.
Un abbraccio
ml
Complimenti massimo! È un brano bellissimo
grazie Lalli
un sorriso
ml
Voglio solo dirti che non ti conosco molto, e non sapevo che scrivevi anche racconti. Sei bravissimo. Lo so, è riduttivo ma non mi va di fare un’analisi stilistica: preferisco stare zitta e ascoltare l’eco della tua storia.
a non conoscersi trovo ci sia una magia in più nella lettura 🙂
ml
(non sono riduttive le tue parole, tutt’altro, sono dissetanti. Grazie)
Non ho parole.
Solo emozione.
Mi hai donato il mare nella sua immensità.
Ecco, ora ne sento la sua musica… che ha tempi diversi che cambiano improvvisamente.
E vedo i colori del mare.
“per il trasparente scelse il silenzio, solo occhi sbarrati che scrutavano il fondo del mare.”
Meraviglia in me per la spuma di mare trasparente che ho ora nella mia mano…
La tua magia di scrittore è grande davvero, ml.
Grazie.
Un’ onda salata in un mio sorriso per te
gb
Bellissimo anche il mare di c. calati.
sai, gb, ho immaginato che il vecchio mentre raccontava, arrivato a “trasparente”, tacesse si sporgesse in avanti e strabuzzasse gli occhi per far capire al ragazzo che attraverso l’acqua lui riusciva a vedere il fondo del mare.
felice che tu abbia sottolineato questo passaggio che per me racchiude la forza della comunicazione
e felice anche di tutte le belle parole che hai usato tu a commento.
buona domenica,
un abbraccio
ml
…e come potevo io, tua antica e sempre nuova lettrice, non sottolineare questo tuo passaggio? 🙂
sai, ml, ho visto anche io lo sguardo del vecchio che fa cogliere al ragazzo la trasparenza magica del mare e il suo poterne scrutare il fondo.
non sono necessarie sempre parole per riuscire a comunicare, no.
i nostri gesti parlano in silenzio e hanno un potere di comunicazione enorme.
felice di aver letto questo tuo scritto bello davvero.
felice della tua replica al mio commento dettato dalla mia emozione.
un abbraccio
buona serata
gb
Vero, spesso per comunicare le parole non sono necessarie
Buona serata a te, gb
e grazie ancora
ringrazia anche c. calati per la sua fotografia.
🙂
gb
eheh, glielo farò sapere 🙂
oh sì, ml 🙂
gb
🙂
ma che bello!!!! Ha toni Blixeniani… davvero un racconto ben fatto
Grazie! L’accostamento alla Blixen mi gratifica.
Ben ritrovata, Patrizia
ml
… e il naufragar m’è dolce….
..perche’ e’ un mare sognato e in qualche modo raggiunto
🙂
ml