Ogni tanto mi sbattono in missione in questo posto sperso, sapete quando, come unica indicazione, vi dicono “in fondo a destra” e voi camminate per un corridoio stretto, poco illuminato, e poi girando a destra e trovate una stanzetta squallida, giusto poco più che nulla. Ecco, lì mi tocca andare una o due volte al mese a combattere la noia più che le malattie, che sono sempre meno quelli che si rivolgono ad un ospedale così piccolo. E la noia è una brutta bestia di cui non ti puoi fidare, ti tradisce non appena ti sei adattato al suo ritmo sonnacchioso. Ti tradisce e ti sbatte in prima linea quando meno te l’aspetti, come un’amaca che prima ti culla e poi ti ribalta a terra. E tu ti senti come un riservista tenuto in naftalina fino ad un momento prima dell’attacco.
A dir la verità c’era stata qualche avvisaglia, che non sarebbe stata una notte tranquilla, ma io non sono bravo a cogliere i dettagli, sono uno che sbatte nelle porte a vetri anche quando sono precedute dal cartello attenzione apertura non automatica.
E sono sceso in Pronto Soccorso sbadigliando a “preoccuparmi” di due puntini rossi sulla fronte di un lattante ridanciano. Tornando indietro ho visto che in tanti s’affaccendavano nella saletta di rianimazione. Ho messo dentro la testa. Un vecchio, magro da far paura, lo sguardo del terrore e il fiato corto, boccheggiava nonostante la maschera d’ossigeno, seduto su una barella, gli scarponi lì vicino, come fosse stato sorpreso dai malanni della vecchiaia mentre ancora accudiva le bestie su all’alpeggio. Edema polmonare e blocco renale, mi dice un infermiere sulla soglia, è qui che lotta da due ore, ma cosa vuoi...
Non potevo essere di alcun aiuto lì e quegli occhi infossati, disperatamente attaccati alla vita come ventose al vetro, mi inquietavano, così ripresi la mia strada per le stanze della noia.
Di corsa in sala parto, la chiamata in piena notte mi coglie di sorpresa, mentre sono a metà di un romanzo che sto leggendo con un occhio solo. Corro e mi metto in postazione, davanti al lettino neonatale, in un angolo della sala, cercando di rendermi impermeabile alle urla della donna. Pare che il bimbo, con la testa già impegnata, si sia incastrato o che sia trattenuto dal cordone attorcigliatosi sul corpo. In ogni caso c’è difficoltà a farlo nascere e già si parla di cesareo. C’è concitazione intorno a me, mentre io per ora posso solo aspettare. Il sonno mi aiuta a starmene tranquillo. Ma il risveglio è brusco. Dopo molti tentativi il bimbo viene estratto con la ventosa ed è l’improvviso silenzio nella sala a gridare più di un urlo. Non piange. Trafelati mi depongono sul lettino un esserino flaccido, completamente inerte, sporco di sangue e merda. Come morto, prima ancora di iniziare a nascere.
Cristosanto, la prima linea!
Ha le vie aeree intasate, lo aspiro, lo massaggio, lo ventilo.
Sono istanti che durano un’eternità e tu ti senti sdoppiato, da una parte vorresti fare l’impossibile, dall’altra vorresti sparire. Il piccolo sembra non reagire, è completamente abbandonato sul lettino come una sogliola sul fondo sabbioso dell’acquario. Ma poi lentamente riprende battito e colore, lo sento piangere flebilmente nella mascherina. Gli mando ancora un po’ d’ossigeno ed ecco un pianto quasi ribelle. È fatta, ora lo posso guardare con più calma.
Ha l’aspetto vecchieggiante tipico del post-maturo, di chi, cioè, è rimasto nell’utero più a lungo del dovuto, con un nutrimento sempre più scarso. Lungo e rugoso per l’assenza di grasso, mi sembra un orso che ha prolungato troppo il suo letargo. Ha gli occhi infossati ma lo sguardo finalmente vivo.
Bon, ormai non scappa più e io me ne posso andare a smaltire l’euforia che m’invade sempre dopo la tensione.
Scendo a bermi qualcosa passando davanti al pronto soccorso.
Butto uno sguardo dentro la saletta di rianimazione, un lenzuolo copre un corpo sulla barella. Non ce l’ha fatta, poveraccio, lo stesso infermiere di prima scuote la testa desolato mentre mi parla. Ho un pensiero improvviso e quasi scoppio a ridere, quello vi ha fatto fessi tutti quanti! Mi allontano verso le macchinette, accompagnato da un borbottio di rimprovero. Ma io gli grido vai su al terzo piano a vedere.
Devo averlo sconcertato o forse penserà che alludo con cinismo al ciclo della vita, qualcuno muore e qualcuno nasce.
Un cazzo! Io lo so, ne sono certo, il vecchio che è morto e il bimbo che è nato sono la stessa persona. Basta guardarli in faccia, gli stessi occhi di spavento, le stesse rughe afflitte, gli stessi lineamenti aggrottati di preoccupazione. Nessuno è morto questa notte, qualcuno è ri-nato. Ecco il mio sollievo.
E non chiedetemi come è successo che non lo so. E poi io sono un tipo razionale, non credo a queste cose, non ci credevo.
Inserisco le monete per un caffè.
Voi cosa bevete?
Bello… morte e rinascita. Fa piacere, da eterno malaticcio, leggere il mondo dell’altra parte. Abbiamo, noi pazienti, una visione distorta dei medici. Forse anche per colpa loro ci appaiono freddi, distaccati… ma non è così; almeno non per te.
ah… a proposito: sono nato 54 anni fa in una notte di metà gennaio con una ipossia dopo un parto cesareo. I miei nonni volevano che nascessi a casa… ma mi salvarono la determinazione di mio padre a non voler rispettare la “tradizione di famiglia” e un angelo sotto forma di medico e forse… un povero vecchio morto la notte stessa.
ti ringrazio per il tuo intervento così “dal vivo”.
sono sempre stato contrario al parto a domicilio, una tendenza che ha preso piede in nome di un “ritorno alle cose naturali”: quando le cose vanno bene è un’esperienza entusiasmante, ma se interviene il minimo intoppo è un esporre il bambino a un rischio imperdonabile. E purtroppo non si può sapere prima se le cose andranno bene o male.
bravo tuo padre 🙂
ml
Mi hai emozionato come solo tu sai fare. Grazie per questo buongiorno amico mio
sai, lavorare di notte modifica la percezione degli avvenimenti e rende credibile ciò a cui la razionalità ti impedisce di credere.
un caro abbraccio amica mia
ml
Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia….
Un abbraccio
onorato per la stupenda citazione 🙂
Un caffè, nero, caldo e dolce. Come la more che si fa vita.
avrei voluto postare la fotografia di un neonato post-maturo con tutte le sue rughe da anziano per rendere più comprensibile quest’idea di continuità della vita tra un vecchio che muore e un bimbo che nasce.
ciao, rodix, eccoti il caffè
ml
Anche senza foto sei riuscito a farci immergere nella storia molto coinvolgente. Grazie 🙂
grazie!
oops morte
Be’ ma anche la-more si fa vita 😜
🙂
brava! sottoscrivo
🙂
come il post di qualche giorno fa, anche qui l’introduzione incide (a mio parere) sulla percezione del racconto che fa assumere alla mia mente lo stesso atteggiamento interessato e nostalgico che provo vedendo i documentari in bianco e nero sulle ‘antiche’ civiltà contadine… conosco il genere noir, il giallo, il rosa e adesso pure il bianco e nero… ci ho messo un po’ per realizzare e spiegarlo, ma è sopratutto questa l’impressione che ricevo leggendo…
.ed è un impressione che condivido. Un racconto in bianco e nero non solo per la patina di antico ma proprio perchè i colori ne avrebbero attuenuato la credibilità.
buona giornate Teti e grazie
ml
grazie Massimo! ci regali momenti stupendi; leggendoti, è come se fossimo stati lì al tuo fianco.
grazie a te Pina per la lettura accorata
🙂
ml
Se non muore nessuno è nasce qualcuno…. È bellissimo… Prendo un caffè senza zucchero☺
grazie Ale! e condivido con te la preferenza per il caffè amaro
eccotelo 🙂
ml
Ma io dopo questo ho bisogno di un gin tonic doppio e un cannone.
‘it’s just a ride, baby, it’s just a ride’ (Bill Hicks)
Hai scritto un racconto stupendo che ti spacca dentro e ti lascia senza pensieri pensabili
è un racconto che nasce da un collage di esperienze autentiche, tanto che non sapevo come etichettarlo 🙂
grazie, coccodrilla
ml
(non credo che la macchinetta d’ospedale fornisca gin tonic e cannoni, dovrò prepararteli a parte :))
Piaciutissimo questo tuo racconto/pagina di diario drammatico e in fondo confidente. Mi piace questo pensiero della vita. E quei due volti affiancati, accomunati, sovrapposti. Qui la tua bravura, davvero, di scrittore.
Queste tue pagine di diario troverebbero (e forse già ce l’hanno, comunque, anche così) una bellissima collocazione in un’unica raccolta. Ne ho lette altre e sono sempre scritte divinamente e molto emozionanti.
Mi ha talmente suggestionato quella vicenda che non so piu’ distnguerne i confini reali, se per esmpio e’ successo tutto la stessa notte o se di fronte a quel neonato vecchieggiante che stentava a nascere io mi sia ricordato dell’anziano che stava morendo.
Ma questo e’ quello che capita a noi che manipoliamo la realta’ 🙂
Grazie Paolo per l’apprezzamento e i complimenti
ml
Io bevo alla tua salute. C’è chi come te e me non crede sia possibile ciò che è irrazionale. Eppure. Eppure io sto, in questo periodo, raccogliendo “segni” che piovono incredibilmente dal cielo e sto cercando di capire il codice sotteso.
Magnifico racconto, come sempre i tuoi
🐠🐠🐠
Brindiamo cara Eletta alle pieghe misteriose della vita e ai suoi codici criptici.
Un abbraccio
ml
Un abbraccio a te 🐱
🙂
Bellissimo, davvero. E per me il caffè amaro😊
Eccoti il caffè, amaro! Cin coi bicchierini di plastica come fossero flute di champagna
🙂
ml
Ho appena bevuto un Hag con latte e cacao, alla tua salute e a quella dell’esserino nato vecchio e che tornerà giovane, giorno dopo giorno.
Buona serata. Grazie.
Oh si’, giorno dopo giorno riacquisterà le sue fattezze da bambino.
Salute a te, Neda
ml
Buona domenica.
Ti ringrazio
Che sia buona anche la tua
Sin da piccolo frequento ospedali, cimiteri, ospizi, cooperative di recupero. Un dentro e fuori fra corridoi, porte, silenzi, incontri improvvisi. Nei cimiteri e negli ospedali ho avuto gli incontri fra i piu’ intensi e quasi sereni della mia esistenza. Un caffè con un’infermiera stravolta, tante birre sulle scale di emergenza con la figlia di una donna che sarebbe morta poco prima di mia madre. Una porta, due porte, una lapide, un fiore, un’anziana che prega per suo marito e il bambino che fa correre la sua macchinina sulla lastra in granito del nonno.
Mi rivedo nelle tue parole perché anche per me questi luoghi di sofferenza regalano improvvise intimità, comprensioni, sintonie insperate.
(molto bello questo tuo intervento)
Ciao Andrea
ml
bella questo esperienza di vita. Il vecchio che si reincarna nel neonato. Un ciclo vitale simile al cerchio dove oggi punto è inizio e fine.
Cosa prendo? Un caffè, prego
Si’, il cerchio vitale o una macchina sconclusionata del tempo che di questa persona prima mi fa assistere alla fine e subito dopo alla sua nascita 🙂
Ed ecco il tuo caffè, GianPaolo
ml
grazie! Ottimo il caffè
🙂
Ho letto tutto d’un fiato, trattenendolo…cosa è la noia di fronte a tutto quello che hai descritto? Forse un attimo di “quiete”…
eh, le notti di guardia sono imprevedibili, ore lunghe quando c’è quiete, brevissime quando c’è da trottare. 🙂
buonanotte, cuore
ml
Le conosco benissimo 😊
Buona giornata!
allora buona guardia la prossima guardia 🙂
Ah ma io ho smesso da quando ho avuto l’incidente… purtroppo 😬
insomma, con te non ne azzecco una, sbaglio il nome, faccio auguri di buona guardia a sproposito e chissà che dirò la prossima volta 😦
Ahahah figurati 😊
un sorriso
La vita.
sì, per una volta la vita ha prevalso sulla morte.
benvenuta
ml
È vero, la notte a volte porta con sé una magia, quella di “svegliarci” davvero per brevi attimi. Comunque mentre quel bambino giaceva come sogliola, ecco io ero lí. Lo sentivi quello sguardo rumoroso? Ci vuole proprio un caffè amaro. Grazie Massimo, da brividi. 😘
mi piace quello “svegliarci” che è una sorta di illuminazione che per qualche istante ci fa vedere le cose sotto una luce completamente diversa.
grazie a te, Tiffany
eccoti il bicchierino di caffè amaro 🙂
ml
Leggerti ormai è diventata ormai fragrante consuetudine, un piacevole accomodarsi tra riflessioni condivise, colpi d’occhio affini, sogni cumulabili senza fatica.. grazie!
Scusa.. ma tra Blogger e WordPress manca poco che si ergano mura invalicabili…
grazie Franco, molto belle le tue parole che hanno sfidato gli ostacoli che le due piattaforme frappongono, forse gelose una dell’altra
un sorriso
ml
Bellissima e significativa la foto delle mele raggrinzite che fanno pensare alle rughe del parto ritardato e alle rughe di chi ha vissuto a lungo.😪
hai centrato in pieno il motivo e la simbologia della foto e questo mi fa molto piacere.
grazie
ml
Completamente avviluppata.
Dalla tua scrittura.
Dalla storia.
Dall’ultimo respiro che si fa vita in quel primo primo vagito.
(sono goloso dei tuoi commenti)
Un abbraccio, Ste’
ml
Un abbraccio a te, ml caro.
Un abbraccio rosso più che mai…😉
è di rosso, sempre, che abbiamo bisogno 🙂