
dal web
Pedalo sulla sponda meno battuta della Dora, acqua impetuosa che è stata neve fino a ieri.
Con l’occhio lento e il vento a gonfiarmi la vela immaginaria, vado vagabondando come un barbone di lusso, perché mi nutro ad acqua, pane e salame, è vero, ma ho bancomat e carte infilate nel marsupio. Scopro cose che già credevo di conoscere e non sapevo nell’essenza, i difficili vigneti di Pont e Donnas stentati sulle rocce, guardo la loro fatica a vivere e perdòno l’asprezza di quel vino, i rilievi scintillanti contro il cielo, quanta altitudine a pesare sulla testa, e poi le piante che si piegano a occidente, ti sembrano agili ragazze che si flettono nel ballo ma poi, come vecchie vinte dall’artrite, restano curve anche quando cessa la musica del vento. Tutto mi attira, nulla mi ferma, osservo e vado, senza sapere dove.
A dire il vero sto ripercorrendo lo stesso itinerario di anni fa con il medesimo andare di allora, all’apparenza casuale. Non ho una meta ammessa ufficialmente, anzi la nego al primo sole del mattino, ma intanto mi vado avvicinando come per caso alla montagna bella ed aguzza, l’archetipo del Monte. Alla mia età se si vuole andare lontano e in alto occorre ricorrere all’inganno di se stessi, farsi un poco volpe con l’uva prima ancora di tentare e un poco gatto, il gran maestro del disinteresse ben studiato che solo così è micidiale la zampata inaspettata. Quindi non è alla cima che si punta, ma a tutto quello che si incontra prima, come salire i pioli di una scala, i frutteti, i pascoli, i boschi di castagni, le conifere, si sale su un piolo ancora come fosse sempre l’ultimo. E intanto il Cervino è lì che incombe e chiama, sirena e faro senza mare, e io mi sforzo d’ignorarlo.
Ma oggi c’è ossigeno nell’aria, una limpidezza come una verità più forte dell’autoinganno: sì, è vero, è là che voglio andare, su, fino a sfiorare le rocce del Cervino.
Respiro ossigeno fin dai primi metri sopra il fondovalle, come fossi già mille e mille metri più in alto, lo respiro come fossi nato ora, vorrei imparare il pianto del neonato, mi spalanco, divento aperto al mondo, è un urlo, forse gioioso. che mi esce, io che non ho gridato mai. Grido e rido e saluto la signora che mi guarda sbigottita mentre zappetta l’orto.
Respiro ossigeno come un’euforia, pedalo allegramente, in fondo tra qui e la cima c’è solo la fatica, che vuoi che sia?
Mi sorpassano, danzando sui pedali, ragazzotti che vanno senza sforzo al triplo almeno della mia lentezza. Poco male, non è con loro che mi debbo confrontare, il mio confronto semmai lo porto dentro, ma di me stesso oggi mi fido e non mi sfido, oggi mi accompagno. Altri si fermano vedendomi seduto sul muretto a rifiatare nel mezzo di un tornante. Mostrano gentili una stanchezza a cui non credo ma che vuole essere solidale con la mia, più genuina. Qualche parola d’incoraggiamento, questo rettilineo era la parte più dura, dai ormai è fatta, poi ripartono. Io aspetto che il fiato mi torni regolare, sgranocchio una barretta, bevo. Guardo verso l’alto, la piramide immobile mi domina, poi guardo in basso, mi sento anch’io un piccolo cervino rispetto alle formiche, laggiù sull’autostrada.
Attraverso Valtournanche, un paese così scosceso che sembra debba rotolare tutto a valle al primo colpo di vento. Lì un mio coetaneo, o forse meno, passeggia incappottato con il giornale sottobraccio. Mi vede, mi segue attento mentre arranco quasi immobile e mi incita con un timido bisbiglio, bravo, bravo. Capisco quello che non mi dice, sto salendo anche per lui, mi affida l’illusione di saper ancora faticare. È una breve comunione la nostra che benedico a goccioloni di sudore che bagnano l’asfalto.
Profumo di resina e scricchiolio di pigne che si aprono al sole mentre percorro l’ultimo bosco, dopo sarà paesaggio brullo. Tra i larici il Cervino sembra sorridermi, io quasi fermo, lui che si avvicina.
L’aria si sta facendo rarefatta e, mescolata alla fatica, mi dà quello stordimento da ipossia che attendo dall’inizio, manco fossi un fumatore d’oppio. Ecco, mi prende la piacevole vertigine, i sensi si confondono, l’asfalto si fa pelle femminile, la strada curve di donna, ho una ragazzina appollaiata sul manubrio, mi accompagna e ride perché m’incanto ai suoi seni che ondeggiano minuti al ritmo della bici. Dovrei fermarmi, scrivere ora quel che mi passa per la testa, niente di più reale di questo sogno allucinato. Ma la ragazzina è già sparita dietro quel tornante. Sono tre capre, ora, all’ombra di un anfratto della roccia a bordo strada, mi guardano indifferenti al mio destino, io non so se sono vere, troppo maestose e immobili, forse le sto sognando. E adesso è mio fratello che mi chiama, ha l’imponenza di mio padre, noi tre uomini di casa riuniti in uno solo, io oggi sono la bandiera, ma son reale io? Mi accompagnano per un buono tratto e s’infilano con me nella galleria che prelude all’arrivo, ma lì nel buio li perdo. Mi lasciano solo nel rimbombo delle auto, i vacanzieri forsennati disposti ad arrotarmi per qualche secondo guadagnato. È orrendo questo buio, freddo di morte, pedalo di paura fino alla luce.
Poi con la luce il ritorno alla realtà è una delusione che si rinnova identica ogni volta che arrivo a questo preciso punto.
Cervinia è il luogo più brutto della terra, cemento ovunque, scriteriato, che nasconde la montagna. Cervinia andrebbe rasa al suolo, questo sarebbe un luogo da quattro baite e una casa delle guide alpine adagiate con umiltà ai piedi del Cervino. Invece devo districarmi tra traffico e negozi, schiumo sudore e rabbia, vorrei fuggire dalla pazza folla, ritrovare il Monte. Sono stremato, entro in un bar, chiedo gocciolando una coca e un toast. Un pinguino in frac mi squadra disgustato, i toast solo di notte, sa per i clienti che all’alba ritornano affamati dalle feste. Ma va a cagare, gli rimando e torno in sella quasi ubriaco a cercare le rocce aguzze del Cervino, la neve e il vento, il suo profilo inconfondibile.
E lo ritrovo finalmente nascosto dietro un casermone con piscina.
È desolato per l’affronto del cemento ma contento di vedermi.
Ciao, fratello mio, sono arrivato.
Molto bello, grazie 🙂
so che sei mio lettore silenzioso da tempo, quindi mi fa piacere questo tuo apprezzamento concretizzato con le parole.
ciao Claudio, e grazie a te
🙂
ml
Stupendo, veramente, capisco l’euforia dell’ossigeno, io la provo col mare
Anche nell’acqua del mare c’e’ l’ossigeno:)
Grazie Giuliana
ml
😊
🙂
un viaggio ai confini della realtà… il giorno che il blog resta muto penseremo che hai varcato definitivamente la sua soglia:))
Ahah, si’ l’euforia mi avrà dato del tutto alla testa.
🙂
Ciao Teti
ml
Wonderful
Grazie
ml
bello questo resoconto di viaggio verso il Cervino. Sensazioni, emozioni e tanta fatica.
Però ne dominatore del è valsa la fatica di vederlo, lì maestoso e dominatore del paesaggio.
Assolutamente sì, ed è il progressivo avvicinarsi, che in bici è lento, a renderlo ancor più maestoso
Ciao e grazie GianPaolo
ml
Una montagna davvero speciale
decisamente 🙂
ciao
ciao a te
Euforico come….un fiume in piena?😀👏👏👏👏👏👏👏
Sì proprio come un torrente di montagna che in questi giorni è al massimo della portata 🙂
Ciao Titti
ml
Ho sempre pensato che mi piace il mare, non la montagna. E ho sempre pensato che andare in bici non mi attira, meglio camminare a pedi. Eppure ogni tanto tra le tue righe mi vien voglia di respirare un po’ di aria di montagna, sentire il profumo di resina e passare in bici davanti a una signora che zappa il suo orticello, salutandola urlando e ridendo!
a me piace cercare di comprendere le preferenze altrui, immaginare l’entusiasmo che le sorregge
e mi fa piacere quando altri, tu, per esempio, si lasciano coinvolgere dai miei gusti, per quanto lontani dai loro.
un sorriso e un grazie
ml
Le tue parole sono sempre coinvolgenti!
!!grazie!!
🙂
Mi entusiasmo ad osservare le montagne dalla macchina, ma in bici vado solo ai bordi dei boschi per cercare funghi!
fai bene perchè è bello muoversi in bici, ma ciascuno secondo le proprie forze, sennò diventa pura sofferenza 🙂
buona giornata Lucia
ml
Sarà pure roba da turisti, ma il Cervino specchiato nel lago blu, ti strizza l’anima e ti rende piccino e confuso che pochi altri posti al mondo hanno questo potere. Davvero pochi. 😉
non voglio certo sminuire il Cervino, solo a guardarlo mi commuove, ma proprio per la sua bellezza unica meriterebbe alla sua base uno scenario differente, meno cemento e più pietra.
ciao Franco
ml
…..anche io disdegno Cervinia….più d’estate ti dirò…
Sono convinta che tuo fratello la pensa come noi….
Un abbraccio
m.
Almeno d’inverno la neve attenua le brutture, smorza gli spigoli, ma d’estate lo scempio è lì in tutta la sua presenza deprimente.
E sicuramente lui, mio fratello, la pensa come noi 🙂
Un abbraccio a te, Monica
ml
Per fortuna vivo d’immaginari….
Oggi son andata a far delle creste…. nessuno scempio solo tanto sudore e soddisfazione…. 😉
Ci sono sudori belli che rinfrescano l’animo
🙂
Mi sono emozionata fin dal titolo e poi, via via mentre seguivo la tua marcia di avvicinamento, “come un barbone di lusso”, respirando ossigeno e con tutti i sensi all’erta.
Fino alla deludente conclusione a Cervinia e al bar… Ma la vera conclusione mi riporta all’inizio e sorrido per la bellezza del tuo racconto!
Guardando le sfumature di verde del mio giardino (in pianura, vicino al mare, che mi è stato proibito).
Cris
Cara, la prima cosa che mi viene da dire è che “ossigeno” lo puoi respirare anche nell’aria di casa tua guardando con occhi golosi il verde delle piante.
E la seconda è grazie per questa tua lettura così partecipe
Ti abbraccio, Cris
ml
Cervinia andrebbe abbattuta per far posto ai pascoli. Detesto le città montane che fanno il verso alle città della valle. Qui nella mia città montana non ci sono boutique e per strada capita, come ieri, di vedere passare capre con i pastori. Ancora, come ai vecchi tempi. Meraviglioso.
Bellissimo il tuo testo, ha dentro il film della tua pedalata 🐞
sì i centri di montagna dovrebbero avere dimensioni contenute e uno stile quanto più uniforme dove la pietra e il legno prevalgano sul cemento
grazie dell’apprezzamento Eletta cara
ml
Encomiabile questo tuo rapporto fraterno con la natura e con la montagna in particolare…
l’uso della bicicletta anzchè di un mezzo a motore mi ha aiutato anche ad aver un bel rapporto con la natura
grazie Pino
ml