
c.calati
Li separava un pratone dall’erba giallastra su cui s’era impigliato uno strato sottile, ma denso, di nebbiolina. In pratica di loro due emergeva solo la testa, gli occhi soprattutto, miopi e serrati nello sforzo di distinguere i dettagli, gli uni; grossi, tondi, e in allarme, gli altri.
Stavano ai margini contrapposti del bosco, immobili, illuminati dal sole laterale ancora basso. A metà strada tra loro un ruscelletto che si sentiva gorgogliare nel silenzio assoluto di quel mattino. Il ruscelletto era probabilmente il motivo di quell’incontro casuale, sai la sete intensa e la voglia di sciacquarsi in acque limpide.
Non sono tuo nemico, mormorò l’uomo lasciando cadere la sua arma in un gesto che l’altro non poteva comprendere, ma che per lui andava assumendo un senso sempre più profondo a mano a mano che prendeva confidenza con la propria emozione. Quello che aveva davanti, cauto e curioso, non era che un cerbiatto dalle orecchie agitate, ma per l’uomo costituiva una tenue speranza di pace, il ritorno altrimenti irrealizzabile a una dimensione dimenticata, quando le cose erano semplici e le liti si risolvevano con un sorriso. Da quanto tempo lui non sorrideva più?
Si studiarono a lungo, c’era tempo e nessuno dei due voleva sbagliare la prima mossa rischiando di vanificare l’occasione.
L’animale dilatò più volte le narici cercando forse nell’odore dell’aria risposte rassicuranti ai suoi timori. Lui l’osservava stupefatto come si trattasse di un miraggio e ogni tanto gli sussurrava vieni, vieni da me, protendendo nella sua direzione la mano aperta.
Si mossero quasi nello stesso momento, incerti passi in avanti in un reciproco avvicinamento. Erano ormai in campo aperto, senza più gli alberi a proteggerli alle spalle.
Si stavano fidando uno dell’altro, che meraviglia!
Uno sparo lacerò l’aria.
Con due balzi il cerbiatto fu di nuovo al sicuro nel folto del bosco.
L’uomo non ebbe il tempo di stupirsi, crollò a terra tra l’erba giallastra senza più pensieri. Né di pace né di guerra.
In poche parole hai distillato concetti immensi. Bellissimo, pura magia della tua scrittura che mi lascia sempre ammirata.
che emozione le tue parole.
è che i “concetti immensi” nella realtà li intuisco senza alcuna chiarezza e mi riesce di esprimerli solo in questo modo, con vaghezza.
ti abbraccio cara mela
ml
Chissa se ha sbagliato mira l’altro cacciatore?
nella mia idea l’uomo era in guerra ed è stato ucciso da un nemico.
ma, data la vaghezza del brano, ci può stare anche un cacciatore distratto o un assassino occasionale 🙂
buon pomeriggio Eva..
ml
Ciao Massimo. 😀
🙂
Chissà perché l’idea della guerra non mi ha nemmeno sfiorata, ho pensato soltanto alla caccia.
era volutamente ambiguo, solo minime tracce come le prime parole rivolte al cerbiatto o quell’anelito alla pace 🙂
Ecco, anche io avevo pensato a qualcosa del genere!
che strano, quasi nessuno, forse solo Ester, ha interpretato il brano come l’avevo immaginato io.
ma va bene così 🙂
ml
Terribile, una magia infranta!
sì, lui aveva quasi agguantato un sogno.
ciao Giuliana
ml
Si, un sogno
🙂
alla fine l’uomo è morto al posto del cerbiatto, colpito dalla fucilata di un altro cacciatore. Peccato perché tra animale e uomo si stava manifestando una empatia che superava la diffidenza naturale tra uomo e animale.
sì, alla fine l’uomo muore al posto del cerbiatto in una scala a rovescio dei valori esistenziali.
però, nel mio immaginario, non si trattava di cacciatori ma di soldati, quest’uomo avrebbe voluto sottrarsi alla logica della guerra, per un istante, appena prima di morire ha sperato in un mondo migliore.
buona giornata, GianPaolo
ml
La tua logica è di certo migliore della mia.
no, non è che sia migliore la mia logica, è che io giocavo in casa 🙂
😀
🙂
“… nella mia idea l’uomo era in guerra ed è stato ucciso da un nemico.”
la guerra di Piero? Sì ci sta, anche perché è sempre così in ogni guerra: al fronte chi nemmeno la voleva, al sicuro i codardi che ce l’hanno mandato. Nella realtà non si sarebbe salvato nemmeno il cerbiatto…
Buona giornata, caro Massimo!
sì, la guerra di Piero è una delle suggestioni alla base di questo brano, assieme a una visione pessimistica del mondo: i nostri desideri più puri di bellezza e armonia vengono falciati via dalla realtà che ci è nemica.
grazie Ester per la tua precisa e sentita lettura.
ml
Una sorpresa finale a cui non avevo pensato all’inizio. Avevo creduto che raccontassi l’incontro fra un uomo primitivo e un animale che sarebbe diventato “domestico”.
suggestiva la tua interpretazione
e in fondo da allora non siamo cambiati molto 🙂
buona serata Neda
ml
È la seconda volta in una giornata che un finale mi lasci perplessa! Oggi ho finito di leggere “Una questione privata” di Beppe Fenoglio… e, guarda caso, il protagonista era un partigiano, con altrettanto finale in cui si gettava/cadeva a terra, e poi? E poi boh 😐 perplessa…
non mi pronuncio sul finale di Fenoglio perchè non ho letto il romanzo.
riguardo al mio, bè, credevo che l’unica cosa chiara del racconto fosse che il protagonista crollava a terra morto, ucciso da quello sparo! semmai i dubbi erano se il colpo fosse stato sparato dal nemico o da un cacciatore distratto. Come ho detto in altri commenti io immaginavo uno scenario di guerra inframmezzato, per l’uomo, da un momento di apparente quiete alla vista del cerbiatto.
ora tu mi fai sorgere il dubbio di non essere stato chiaro nemmeno dove volevo esserlo.
curiosa comunque la somiglianza tra i due finali, non che mi voglia mettere sul piano dello scrittore langarolo 🙂
un sorriso, M.aria
ml
Io avevo addirittura immaginato un altrl scenario… e cioè che l’uomo avrebbe prima avvicinato il cerbiatto, poi, una volta stabilita una certa vicinanza, avrebbe sparato e sarebbe caduto a terra spinto dalla forza dello sparo del fucile. Ma altri commenti precedenti al mio avevano intuito meglio 😆
C’è stato comunque un momento di suspance, nell’attimo della meraviglia! Ed ero rimasta in dubbio sul finale.
In ogni caso, la somiglianza con il finale di Fenoglio è stata naturale 😉
Un sorriso a te, Massimo 😀
plausibile il tuo finale, ma nella realtà del racconto quest’uomo per quanti crimini potesse aver compiuto in precedenza (non sappiamo) non avrebbe mai potuto sparare al cerbiatto che rappresentava ai suoi occhi l’utopia, il sogno, di una pace almeno momentanea.
buonanotte M.aria e grazie dei tuoi interventi 🙂
Sì, magia, come ha sintetizzato Giuliana 😀 il sogno…
Piacere mio di leggerti, Massimo 😊 buon proseguimento! 🌸
un sorriso a te
“Non sono tuo nemico” che bello sentirselo dire, in un mondo di lotte e dove bisogna emergere e dimostrare. Deve essere più che emozionante una situazione del genere, porsi di nuovo in contatto con la natura e cercare di non dominarla ma solo guardare con gentilezza e ammirazione. Hai scritto benissimo il tutto come sempre.
sono contento che tu sia soffermata sull’aspetto positivo, quasi ottimista, di questo brano, il contatto con la natura, e non sulla tragica conclusione.
ciao 🙂
ml
In questi giorni sto cercando di sforzarmi di vedere solo la parte bella delle cose, anche delle più crudeli
sai che pur non sapendo nulla avevo intuito questo soffio di fiducia nel mondo (già nell’ultimo tuo brano, quello della notte)
bene 🙂
in realtà l’ultima cosa che ho scritto non è positiva e la persona che mi aveva ispirato quelle parole mi ha proprio trattato male, ma resisto 🙂
sì, ho visto 😦
ma tu resisti, mi raccomando 🙂
Immaginavo anch’io una situazione di caccia. Nella tua visione ha più senso perché un cacciatore non si sognerebbe mai di non premere il grilletto…
Molto bello in ogni caso.
e sì, un cacciatore è difficile che rinunci a uccidere. e poi l’uomo aveva deposto da subito il fucile!
grazie Walter per l’apprezzamento
ml