
Mancavano dieci minuti all’apertura del negozio e Margherita dalla sua postazione osservava preoccupata la massa di gente assiepata dietro le vetrine.
Schiacciati come mosche contro i vetri, c’erano nasi che alitavano nel freddo e mani appoggiate a lasciare su questi impronte e desideri.
Quegli occhi sgranati come fosse fame e quei nasi premuti, deformati, rendevano i volti dell’attesa simili alle teste dei maiali appese dietro il bancone; maiali ancora vivi, quei volti, che, fiutato il cibo sotto il fango, scalpitano e si spintonano grufolando, come fosse una vita che non mangiano.
Sarebbe stato un massacro, questo era evidente.
A lei l’odore del cibo di primo mattino dava la nausea e l’idea che presto avrebbe dovuto confezionare pacchetti su pacchetti di carne sanguinolenta la faceva stare ancora peggio. Ma i padroni della “Premiata Macelleria e Gastronomia Eredi Cairoli” l’avevano assoldata sotto le feste solo per quello.
– Ricordati che i nostri prodotti passeranno sotto l’albero prima di andare ad arricchire le tavolate delle feste. Le confezioni devono essere eleganti come se dentro ci fossero gioielli.- le aveva detto la signora Adalgisa, mostrandole i nastri argentati, le coccarde un po’ pacchiane e la carta natalizia con cui lei avrebbe dovuto abbellire i tipici involucri gialli, troppo ordinari.
– La “raffineria” è il nostro fiore all’occhiello.- aveva aggiunto la signora giocherellando con il triplo giro di perle che le cingeva il collo, invero taurino. La ragazza avrebbe voluto chiederle se a tempo perso gli eredi Cairoli commerciassero anche in prodotti petroliferi, ma lasciò perdere, la padrona non avrebbe colto l’ironia e, se mai avesse afferrato la battuta, l’avrebbe licenziata sui due piedi.
In quei giorni nessuno in macelleria poteva portare il grembiule. Anche Margherita aveva dovuto indossare un abitino elegante, di quelli che usava in discoteca, e adesso temeva di macchiarlo di sangue.
Alle dieci in punto furono aperte le porte e la gente si riversò all’interno del negozio a contendersi filetti e arrosti. Davanti al bancone furono subito spintoni e liti, e presto si accesero piccole risse per questioni di posizione nella coda o di precedenza nella scelta dei pezzi migliori. I clienti che avevano guadagnato la prima fila si lasciarono travolgere dall’ingordigia e sollevando le proteste di chi veniva dietro di loro fecero manbassa delle migliori prelibatezze in quantità tali da sfamare per un anno l’intera città di Torino.
Alla notizia che il patè di fegato di marmotta, vanto della casa, era ormai quasi esaurito, vi fu una vera sommossa; il cav. Glisenti imprecò in piemontese contro una madama impellicciata che a suo dire gli aveva sottratto l’ultima vaschetta di questa ghiottoneria con un meschino sotterfugio (sì, lei aveva spalancato il visone su una generosa scollatura, distraendolo nell’attimo cruciale dell’ordinazione); il conte di Valchiusella per protesta calò con violenza il bastone da passeggio sul banco gastronomico, facendo schizzare in faccia alla signora Giberti, della rinomata Rubinetteria Aldo Giberti e figli, l’insalata di interiora di renna in salamoia.
La padrona veleggiava sorridente tra i clienti inferociti, sicura che bastassero i suoi modi signorili a calmare gli animi. Ogni tanto però le sfuggiva un bojafauss stizzito a mezza voce.
La situazione andava degenerando.
La signorina Rebecchi, scavalcata nella fila da un giovanotto davvero villano, ebbe un sussulto d’orgoglio e, afferrato a due mani l’ombrello, lo conficcò con tutte le sue forze nella scarpa del malcapitato, inchiodandogli il piede destro al legno biondo del pavimento. Solo dopo essersi servita, riprese il proprio ombrello, come lo stesse sfilando dal porta-ombrelli, e con un sorriso educato liberò il giovanotto che ancora ululava. Nella concitazione il signor Alfredo, l’addetto al taglio delle carni, mozzò di netto un dito di un incauto che aveva cercato di arraffare delle costine di camoscio mentre lui ancora le stava tagliando. Il macellaio rimase qualche istante interdetto con un braccio sollevato e il dito mozzo ben in vista, come a chiedere a chi appartenesse il pezzo. Poi, dato che in quel marasma nessuno ne reclamava la perdita, lo gettò fra le frattaglie per il cane e riprese il suo lavoro.
Margherita, china sul tavolino da lavoro, ignorava quanto le succedeva intorno. Prendeva dalle mani del cliente di turno, che lo esibiva come un trofeo di guerra, il pezzo di carne avvolto nella carta gialla e lo trasformava con pochi abili gesti in un grazioso pacchetto-regalo. Aveva la schiena a pezzi e la nausea che sopraggiungeva a ondate. Lavorava ininterrottamente da ore e sognava solo il momento di chiusura e un letto caldo. Alzò lo sguardo e diede un’occhiata fuori. Rimase a bocca aperta.
Davanti al negozio c’erano due ragazzotti che si stavano calando sul volto un passamontagna. Spuntavano solo gli occhi allucinati. Li vide buttare giù qualche pasticca, sbirciare ancora attraverso la vetrina e poi decidersi a fare irruzione nel locale. Margherita si rannicchiò sotto al tavolino.
L’ingresso dei due fu disastroso.
Il primo, spianando una mitraglietta, annunciò con quanto fiato aveva in corpo che quella era una rapina. Nessuno gli badò. Il secondo inciampò malamente in un gradino e cadendo lasciò partire un colpo di pistola. La signora Adalgisa stramazzò a terra; in mezzo alla fronte aveva un “raffinato” foro di proiettile appena tinto di rosso.
A quel punto i clienti che ancora si accalcavano al bancone si voltarono verso gli intrusi. Credendo che questi fossero lì per arraffare con qualunque mezzo le poche prelibatezze rimaste, fecero muro contro di loro e li minacciarono con ombrelli e bastoni: i due malviventi si difesero a colpi di pistola e sventagliate di mitra, ma alla fine furono sopraffatti dalla piccola torma che avanzava compatta e i cui caduti venivano subito sostituiti da altri eroi del filetto altrettanto determinati.
Alle sette di sera nel negozio il silenzio era spettrale.
Margherita riemerse dal suo nascondiglio e s’infilò il cappotto. Badando a non calpestare i corpi riversi a decine sul pavimento in strati scomposti, si avviò verso l’uscita.
Appena fuori si sentì meglio. Nevicava a larghe falde innocenti. Una musica di zampogne e fisarmoniche diffusa da altoparlanti piazzati ad ogni angolo della via la riconciliò con la più autentica atmosfera natalizia.
Eh, sì: a natale si è tutti più buoni! 😁🙈
eheh, vero!
🙂 🙂
Ciao Alessandro
ml
cos’è un auspicio o una predizione?
Chissà,forse entrambe 🙂
ml
Beh, i macellai superstiti hanno riempito le celle frigo di carne fresca… 😉
Se ne è rimasto qualcuno vivo 🙂
Ciao Walter
ml
W l’anoressia! Abbasso il materialismo.
Beh, proprio l’anoressia no, però un po’ più dì morigeratezza non guasterebbe 🙂
Ciao 🙂
ml
da me le macellerie non esistono più, fagocitate da ben più annichilenti supermercati.
Peccato, così ti perdi gli assalti ai banconi:)
ml
Insomma hanno combinato un macello 🙂
eheh, sì, un grosso macello:)
Ciao Bianca
ml
davvero splatter questo giorno di Natale… 😉
Forse ho un po’ esagerato 🙂
Un saluto, Max
ml
Come pensierino di Natale non c’è male…. w i supermercati!!! 😉
Ma il pensiero che ha dato inizio al racconto era proprio natalizio: anni fa mia figlia impacchettava regali in un negozio di giocattoli e tornava a casa stravolta per come si accapigliavano bambini e adulti per accaparrarsi i pezzi migliori 🙂
Ciao Vitty:)
ml
Lo dici a me che ho fatto ( fra l’altro ) la commessa per tre anni in un negozio di casalinghi e giocattoli…. il Natale era un delirio!!!!!!
Infatti! Io l’ho solo reso un poco più delirante 🙂
Sono e resto vegetariana…. 😁 Buon Natale!!
Ahah, sicuramente non diventerai carnivora dopo questa lettura 🙂
Buon Natale a te, Pina
ml
Divertente è questa parodia delle spese di Natale, che la tua fantasia ha reso simile alla realtà.
Ma i due rapinatori sono scappati oppure sono morti sotto i colpi dei clienti inferociti?
Morti, morti!
Pare che le ultime parole di uno dei due siano state: non volevamo saltare la coda, era una rapina!
🙂
ml
Insomma rapina finita male 😀
In quella baraonda non avevano alcuna possibilità di farla franca 🙂
Buonanotte GianPaolo
Sono stati dei velleitari. Notte serena
Grazie 🙂
ciao
ciao
Buon Natale, Carlo
Grazie Remigio, buone feste a te
ml
Divertente e un po’ splatter, adoro questo racconto di Natale!
R.
Contento che ti sia piaciuto
Ciao Riccio 🙂
ml
Fantastico! Davvero molto divertente. Questo cinismo è di mio gusto: una “delicatessen”.
Buone feste, Massimo. Ti auguro tanta creatività!
P.
che bello e mirato il tuo augurio, me lo tengo stretto, che ho sempre paura di perderla, la creatività. 🙂
Delicatessen è il termine più appropriato per questo racconto!
grazie Paolo, ricambio gli auguri e a rileggerci presto
ml