
Muta in autunno di continuo la graduatoria estetica delle piante, oggi è in testa il cipresso calvo, domani forse sarà il pruno.
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Muta in autunno di continuo la graduatoria estetica delle piante, oggi è in testa il cipresso calvo, domani forse sarà il pruno.
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Ci vuole un folto pelo sullo stomaco se la pasta in cui si muovono le mani sono gli affari più o meno loschi degli squali finanziari, una vita passata a pasteggiare e a patteggiare.
Ma se la pasta è quella vera a cui dar vita con le mani, allora occorre unicamente un bicchiere di buon vino a lato dell’asse da lavoro per mantenersi maschi nonostante i gesti plateali da massaia.
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Ostersund, inizio Novecento
Qui nella campagna misera a Nord di Stoccolma c’è, dopo l’equinozio e prima del solstizio, un tempo sospeso, quando il sole ha smesso di scaldare e la neve ancora non ha coperto i campi. È un tempo fatto di rassegnazione per la pioggia, il fango, le giornate che s’accorciano, e di attesa preoccupata per il lungo buio dell’inverno. Qualcuno, come Harald, lo affronta con un’euforia fasulla e aggressiva, altri, come me, lo vive con una malinconia via via più cupa.
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Nell’antichità: L’ottava meraviglia del mondo lottava per piazzarsi almeno settima.
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Camillo era il prototipo dell’homo photograficus e lo era ben da prima che esplodesse la mania degli scatti compulsivi.
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Stava lì da anni, in un riquadro ghiaioso nel giardinetto dietro casa dei suoi genitori, quasi nascosta tra l’hibiscus, il plumbago e gli oleandri.
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Se solo lasciassimo la polvere posarsi, come un rispetto muto, sulle cose del non uso, una dimenticanza calda, lenta a formarsi come una memoria, cenere a Pompei, terra a strati sopra Troia, un’Iliade senza Omero la nostra storia che riemerge dai dettagli in un nostalgico pudore per l’eccesso che è stato il nostro corpo.
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