
È un’alternanza di giornate di sole che invitano all’aperto con giorni di pioggia che mi trattengono al chiuso ad apprezzare la stufa e i colori lucidi degli alberi da guardare al di là dei vetri.
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Oltre alla soddisfazione di veder nascere dalle mie mani un cibo quotidiano che solitamente compro al supermercato, mi affascina questa catena tutta al maschile di amici che si sono trasmessi l’un l’altro una piccola sapienza.
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Credo che ognuno abbia un gesto ripetuto o un hobby o un’azione a cui è abituato che finisce per assimilare come schema mentale di comportamento anche in altre occasioni. Insomma, una specie di palestra in cui si allena alle evenienze della vita.
Per qualcuno è la scacchiera dove apprende dagli alfieri le traiettorie oblique e dalla regina le strategie audaci, per altri è la tavola da imbandire che lo porta a trovare la giusta collocazione per ogni cosa, oppure un orto ben curato che suggerisce simmetrie mentali.
Io come palestra ho la preparazione del bagaglio e la disciplina che questo mi impone.
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Sandro si fermò sul ponte, si sedette sulla spalletta concedendosi una sigaretta e rimase lì a fissare la casa che appariva in completo abbandono, seminascosta dalla vite americana e dalle foglie rosse dell’autunno. Da quando aveva smesso di lavorare e si era trasferito in un altro paese, non era più passato di lì.
Aveva lavorato per una vita in quella casa, era un apprendista da poco assunto alla fornace quando il padrone gli aveva proposto di passare alle sue dirette dipendenze come tuttofare di casa, gli avrebbe dato vitto e alloggio e qualche soldo di paga.
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L’ho incontrata tardi, solo ora, questa città che credevo secondaria ed è meravigliosa essenza di Toscana. Ma forse la mia è l’età giusta per capirla, da giovane sarei andato veloce tra i vicoli e le piazze per immagazzinare in fretta i luoghi letti sulla guida. Ora ho il passo lento, mi soffermo agli angoli e alle pietre, mi guardo intorno e ogni sguardo è uno stupore.
Ilaria, pallido marmo, il più bel volto femminile di una città che scopro simile a lei, il giro delle mura come il cercine di stoffa che le contorna il capo.
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Due tronchi giacciono sulla riva come piccole balene spiaggiate. Da dove arrivano?
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Non un telo a coprire la barca, la vuole trovare così al mattino, pronta a salpare. E se nella notte ha piovuto, Sebastiano svuota tranquillo il fondo con un secchiello. Poi vi sale sopra, rema fino al centro del lago, cala l’ancora, in realtà una pietra legata ad una corda, sparge un poco di pastura per attirare i pesci e lancia la lenza con un ampio gesto quasi elegante.
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