
Una o due volte al mese mi tocca andare in trasferta in questo posto sperso tra i monti, a combattere la noia più che le malattie, che sono sempre meno quelli che si rivolgono ad un ospedale così piccolo.
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Una o due volte al mese mi tocca andare in trasferta in questo posto sperso tra i monti, a combattere la noia più che le malattie, che sono sempre meno quelli che si rivolgono ad un ospedale così piccolo.
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Due teche, le differenzia una gambetta, conservano liquidi simili, stesso colore rosso intenso, assai diversa la sostanza.
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Sofi era l’unica che masticasse un poco d’italiano in quella città del Baltico, in un Nord che mi era sconosciuto, vagamente in alto a destra.
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Ci sono suoni belli, nascosti come fiori nel deserto o papaveri tra il grano; suoni appena percettibili che mi piace emergano tra i rumori chiassosi di città. Il tintinnio delle tazzine che vengono appoggiate sul bancone, possibilmente in marmo, o accatastate in pile pronte all’uso, e quell’altro, suo parente stretto, quando il metallo del cucchiaino incontra la ceramica del piatto per un suo non utilizzo chè il caffè si beve amaro, o tocca il bordo della tazzina a rimescolar lo zucchero, chè il caffè deve essere addolcito.
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