al di là del cancello bianco (riveduto)

31 Gen
by c.calati

                                                                                        

Corrado aveva occhi chiari e sguardo seducente, ma era troppo timido per sfruttare queste attrattive con le donne.

Agata aveva il talento innato del sorriso che gli uomini ancora non erano riusciti a spegnere del tutto.

Loro due avevano in comune un’altezza non eccelsa e l’appartenenza a quel sottobosco della vita dove è raro e faticoso un raggio di sole. Per il resto erano distanti per storia personale, un marito cacciato al primo sgarro, una donna inseguita a lungo e invano; si trovavano agli antipodi quanto a carattere, schivo uno, schietta l’altra, vivevano fedi differenti, lui ancora a servir messa la domenica come un chierichetto fuori corso, lei l’unica fede era in sè stessa, ed erano opposti anche per origine, Corrado radici profonde nel paese, Agata un trapianto attecchito bene dalla Puglia, di cui aveva mantenuto la passionalità solare ma non le tradizioni soffocanti.

Due individui del genere fossero vissuti in città non si sarebbero mai incontrati, ma in paese le vite disegnano orbite minime, spesso sovrapposte, così capitava non di rado che loro s’incrociassero per via o si ritrovassero in attesa nell’ambulatorio del medico condotto o al bar del Gino ad ascoltare in un silenzio teso il gracchiare quasi incomprensibile della radiocronaca del Giro d’Italia.  Un ciao più o meno sostenuto ma poi ciascuno stava muto sulle sue, non che si evitassero ma di sicuro non facevano nulla per approfondire la conoscenza. Forse avevano ben presenti le tante diversità o erano troppo presi dal tentare una sopravvivenza dignitosa in quei tempi duri per potersi accorgere di altro.

Poi un giorno, casualmente, furono chiamati entrambi a servire in Villa.

La Signora, così in paese chiamavano da sempre la proprietaria dell’imponente casa padronale senza mai aggiungere né nome né cognome (e la riverivano e la temevano più del parroco o del podestà), aveva l’abitudine di rivolgersi ai paesani ogni volta che aveva bisogno di personale supplementare. Non c’era abitante che non avesse varcato almeno una volta la cancellata bianca che si schiudeva su un mondo dorato in cui i paesani erano semplici prestatori d’opera: frutteti, prati, un laghetto, il bosco di faggi, la Villa. Il viale d’accesso risaliva in eleganti tornanti fino alla dimora liberty che dalla cima della collina dominava le case di Cettignè come un castello feudale il suo contado. I prescelti andavano di volta in volta ad aggiungersi ai dipendenti fissi per eseguire lavori straordinari di giardinaggio, alberi da abbattere per far legna, i campi da falciare. La fienagione, soprattutto, richiedeva un buon numero di uomini: procedevano a schiera cantando al ritmo affilato della falce. Oppure erano piccole riparazioni alla casa, qualche tegola malmessa, le foglie che ostruivano una grondaia, o, per le donne, un aiuto in cucina e in lavanderia. Agata veniva chiamata spesso come stiratrice o per servire in sala e la Signora, che apprezzava le sue capacità quanto la sua riservatezza, le aveva proposto più volte un’assunzione in pianta stabile, ma lei aveva sempre rifiutato, si sentiva più libera a lavorare un po’ qui e un po’ là piuttosto che alle dipendenze di un’unica padrona. Corrado, al contrario, era convocato raramente ed esclusivamente per lavori di manovalanza in giardino. In pratica non aveva mai messo piede nella casa e ora, all’improvviso, gli veniva chiesto di servire in sala durante una cena con numerosi ospiti. I suoi occhi chiari s’intonano all’azzurro pallido dei piatti che ho scelto per la cena, gli aveva mormorato la Signora che amava non lasciare nulla al caso.

Lui non ci dormì la notte e il pomeriggio seguente era salito con ampio anticipo passando poi ore a girare a vuoto per i locali della servitù, angosciato come un condannato a morte il giorno dell’esecuzione. Agata, la cresta di pizzo tra i capelli portata con naturalezza, come lo vide scoppiò a ridere, mi sembri Charlot gli disse con poco tatto. Poi tornò seria, gli sistemò la divisa che lui indossava con una goffaggine da pagliaccio e gli spiegò come doveva comportarsi. Ma io non so servire a tavola! esclamò lui disperato. Dovrai solo portare zuppiere e vassoi dalla cucina alla sala, lo rassicurò la ragazza, sarò io a servire i commensali. Tu stammi sempre vicino e andrà tutto bene.

Corrado le ubbidì alla lettera e per tutta la sera la seguì ovunque in una sorta di estasi mistica, come lei fosse la Madonna di Ardena.

Era notte fonda quando finalmente conclusero il servizio e poterono lasciare la villa con poche lire in più nelle tasche. Scendevano lungo il viale illuminato dalla luna, Agata vagamente immusonita o quanto meno pensierosa, Corrado euforico, loquace come non era mai stato in vita sua: ti rendi conto, sembravo un vero cameriere e non l’avevo mai fatto prima! Le saltabeccava intorno, s’inciampava, ruzzolava, riprendeva a stento il passo e le parole, io in guanti bianchi, io gli occhi del color dei piatti, io non un guaio, non un errore, incredibile! E tutto grazie a te, sei stata il mio angelo custode.

Agata fece una risata amara, sei proprio strano tu. Mi hanno chiamato in tanti modi, ma angelo custode mai.

L’uomo non colse il suo sarcasmo e in un gesto maldestro di devozione tentò di baciarle la mano, rimediando un colpo secco sulle labbra, forse non voluto, dalla mano che si sottraeva di scatto. È che a lei sembrava uno spreco tutto quel cincischiare goffo in una notte di stelle e di luna, di cicale e di erba odorosa, dove tutto sembrava un invito all’amore. Lo guardò male ma poi si accorse di avergli provocato una piccola ferita al labbro da cui usciva qualche goccia di sangue che brillava alla luna. Si addolcì e si avvicinò per tamponargli il taglio con un fazzoletto. Sono un tipo semplice, io. Volevo dimostrarti la mia riconoscenza, il mio affetto, quasi si giustificò lui che aveva perso tutta la sua ingenua effervescenza. Agata gli sorrise, oggi ti devo insegnare proprio tutto. Se vuoi baciare una donna, non cercare la sua mano, cercale la bocca.

Lui abbozzò una replica, ma io…balbettò senza riuscire ad aggiungere altro perché lei lo stava già baciando.

Una volta sono stato a Torino a vedere i fuochi di San Giovanni, Corrado era tornato ciarliero, era una meraviglia la notte squarciata dai bagliori, eppure nulla al confronto delle stelle di stanotte, tu la più luminosa e bella.

Erano stesi nell’erba alta, i vestiti strapazzati, i corpi ancora caldi, i seni ancora fuori dal corpetto più pallidi della luna, i fiordalisi intorno, le cicale ammutolite, l’aurora che incalzava. Agata aveva avuto gesti sconfinati, scandalosi e straordinari come tulipani esplosi uno dopo l’altro a inizio maggio. Ora era morbida e lo avvolgeva come una coperta di lana, la bocca a cercargli la pelle del torace per piccoli baci di riconoscenza perché Corrado si era lasciato guidare da lei come un bambino, allo stesso modo fiducioso e incantato che aveva tenuto in sala.

Si rivestirono in due silenzi opposti, lui a fantasticare di futuri radiosi, lei impegnata a tornare con i piedi per terra. Ripresero il viale barcollando abbracciati. Appoggiati all’inferriata del cancello si scambiarono gli ultimi baci. Poi, varcato il cancello si separarono per tornare ognuno alla propria casa.

Corrado si voltò più volte sperando di incrociare i suoi occhi, ma vide sempre solo la sua schiena ostinata.

26 Risposte to “al di là del cancello bianco (riveduto)”

  1. sibillla5 NADIA ALBERICI 31 gennaio 2023 a 11:28 #

    che incanto!

  2. guisito 31 gennaio 2023 a 11:51 #

    “Agata aveva il talento innato del sorriso che gli uomini ancora non erano riusciti a spegnere del tutto.” Una frase che da sola è un romanzo.

  3. Neda 31 gennaio 2023 a 12:05 #

    Sublime! Grazie per averci trasmesso emozioni incantate.

  4. vittynablog 31 gennaio 2023 a 23:06 #

    Tenerissimo! Ma non può finire così, vero? ❤ ❤

    • massimolegnani 31 gennaio 2023 a 23:13 #

      eheh, sì finisce così, ma per lui è già tanto 🙂
      Ciao Vitty
      ml

  5. Nemesys 31 gennaio 2023 a 23:42 #

    Bello e tenero peccato la chiusa 😒 Quello che mi piace dei tuoi racconti e che terminano sempre in un modo non scontato, bravo 👏👏👏

    • massimolegnani 1 febbraio 2023 a 10:39 #

      mi fa molta piacere l’osservazione che fai, in effetti cerco di non essere scontato nella conclusione e nello stesso tempo il finale che propongo vorrei che risultasse verosimile.
      qui, per esempio, non poteva che finire così perchè i due protagonisti avevano caratteri troppo diversi per costruire qualcosa di duraturo, era plausibile giusto l’avventura di una notte 🙂
      grazie Giusy, buona giornata
      ml

  6. Walter Carrettoni 1 febbraio 2023 a 10:21 #

    Molto molto bello 👍🏻👍🏻👍🏻

  7. newwhitebear 1 febbraio 2023 a 21:59 #

    un bel racconto tra due mondi opposti che per una sera si sono toccati.
    Bello

  8. Franco Battaglia 2 febbraio 2023 a 10:56 #

    Molto delicato.. ma stavo cercando l’arzigogolo, l’arcano.. pensavo parlassi di due piante e quando ho letto “Corrado radici profonde.. Agata un trapianto attecchito” ero convinto di aver svelato il giochino.. invece mi hai fregato per bene comuque, con una tenerezza che rientra nelle tue sensibili corde.. 😉

    • massimolegnani 2 febbraio 2023 a 17:58 #

      Ahah, non avevo fatto caso alle similitudini da vivaista 🙂
      Ti sono grato per le belle e simpatiche parole.
      Ciao Franco
      ml

  9. rajkkhoja 3 febbraio 2023 a 12:08 #

    What a beautiful & like a story about. Up to end enjoyed the reading story. Always you share interested story telling.

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