A maneggiare le carte con l’abilità del giocoliere gliel’aveva insegnato suo nonno Ortis. Il nonno si chiamava a quel modo per via delle “Ultime lettere” e di un increscioso equivoco sul nome e sul cognome, da parte di suo padre.
Basetta lunga e garofano all’occhiello, Ortis si sedeva al tavolo di cucina e rimescolava il mazzo per un pomeriggio intero, godendo dell’incanto negli occhi del nipote.
- Ricordati, Michi, che le partite si vincono prima di iniziarle.
Glielo ripeteva tutti i giorni, e per molto tempo non aggiunse altro. Solo quella frase e il mazzo che gli prendeva vita tra le mani.
- Questa è la fisarmonica- gli disse finalmente un giorno aprendo tutto il mazzo per aria da una mano all’altra, senza che ne cadesse una sola carta.
- Insegnami, nonno.- gli rispose stupefatto il bambino.
- Per ora devi solo guardare. Osservami: non guardo mai le carte, ma dritto negli occhi il mio avversario. Perché anche se si è in quattro al tavolo, è solo uno che ti scegli per nemico. Scegli il nemico, quello che pensi sia il più forte, e lo spaventi con la destrezza delle mani. Devi mescolare il mazzo a lungo, con scioltezza e grazia, come fosse una docile creatura che ti ubbidirà per tutta la serata. E al tuo nemico, guardandoti, correrà un brivido lungo la schiena.
- E tu lo batti sempre il tuo nemico, nonno?
Il nonno annusava il fiore e sorrideva.
- Quasi sempre. Certe volte i nemici hanno la fortuna dalla loro, fortuna che non meritano, perché dovrebbe essere sempre premiata la bravura.
Michi quell’anno ricevette in regalo un mazzo di carte di dimensioni esatte per il suo palmo da bambino. Ora nonno e nipote potevano sedere alla pari, uno di fronte all’altro, ciascuno col proprio mazzo tra le mani. Lunghi pomeriggi d’addestramento, in cui il bambino non s’annoiava mai. Michi ripeteva i gesti e gli sguardi del nonno e teneva in bocca un bastoncino al posto della sigaretta che pendeva eterna dalle labbra dell’altro. Divenne abile e veloce ed imparò a distribuire le cinque carte con la sfrontatezza di un biscazziere.
Ma il nonno morì prima d’insegnargli altro.
Michi detto “Manidoro” cambiava spesso zona, ma il suo posto preferito era alla fermata Cadorna della linea 2. Non era solo una questione di sicurezza, la tanta gente in cui confondersi e le tante vie di fuga in caso di bisogno. Era che lì, poco distante da dove piazzava il banchetto, batteva la sua Marta. E lui, mentre si destreggiava con le tre carte senza dover usare gli occhi, gli occhi li teneva fissi su di lei, una coperta calda ad addolcire il suo lavoro. “La vita è un gioco a carte” diceva sempre allegro e soddisfatto di quel poco o tanto che tirava su col suo lavoro e che subito spendeva con la sua donna. Michi era famoso e rispettato nell’ambiente. Era talmente abile a maneggiare le tre carte che spesso a sera i suoi stessi amici lo sfidavano, più per il gusto di vederlo all’opera che non per la speranza di prenderlo in castagna. Sul lavoro faceva coppia con Il Milord che, con la sua aria distinta e la mimica da grande attore, riusciva sempre a tirar dentro qualche pollo.
Non fu la polizia a fregarlo, ma la Marta, che un giorno gli sorrise strano, mentre s’allontanava con un cliente.
Non la vide più e le sue mani divennero improvvisamente lente e svogliate.
Alla terza volta che il pollo di turno indovinò la carta che vince, Milord lo mollò al suo destino. E il destino di Michi fu un’inarrestabile discesa, un continuo riciclarsi in “mestieri” sempre più umili e che mai gli riuscivano bene, perché le sue mani d’oro non gli ubbidivano più. Finchè una sera si fece beccare mentre rubava un cellulare dalla macchina di un carabiniere.
Dicono che il carabiniere gli sparò per rabbia, ma io credo che Michi lo provocò apposta per dare un taglio netto a quel gioco che non lo divertiva più.
sono negata con le carte. riesco a perdere anche barando contro me stessa con un mazzo truccato, se capisci la metafora.
fossi stata nipote di nonno Ortis, sarebbe stata tutta un’altra storia 🙂
ml
… questo racconto mi é piaciuto particolarmente. C’è dentro,una umanità incredibile .figlia di questi tempi soprattutto nell’ultima parte.
Complimenti sempre
.marta
grazie .marta
un sorriso all’omonimia
ml
Povero Michi..
pienamente d’accordo, è quello il senso.
ciao,
ml
Tutta colpa di Marta ! Non me ne abbia Tramedipensieri 😀
già! pensa che fino all’ultimo era “Mara” poi mi sembrava un nome troppo piatto e l’ho mutato in Marta! 🙂
ciao rodix
ml
Quanta tristezza….
sì, Michi ha avuto un breve periodo di successo nel suo campo poi il declino.
ciao,
ml
Due registri in questo racconto.
Nel primo mi sono ritrovata, cresciuta in un’osteria, ho imparato a smazzare ancor prima di imparare a scrivere.
Del secondo apprezzo il linguaggio quasi da cronaca e il distacco tagliente senza alcun giudizio.
quindi, se l’abilità c’era, saresti potuta diventare una “manidoro” come Michi 🙂
sì, ho voluto raccontare michi senza (pre)giudizi
grazie Ste,
ml
Qualche trucchetto l’ho imparato, in effetti… 😉
ahi!, sarà bene che non mi sieda a un tavolo con te per un pokerino 🙂
Date: Sun, 6 Dec 2015 21:42:22 +0000 To: agilulfo_@hotmail.it
Io son da briscola e da scopa, proprio come all’osteria! 😉
mi batteresti anche a ruba-mazzetto 🙂
Date: Sun, 6 Dec 2015 21:56:59 +0000 To: agilulfo_@hotmail.it
Tu, cantore dell’amore.
Ecco quello che ho sentito immediatamente dopo aver letto questo tuo racconto bello.
Ti sorrido, ml
gb
sì, qui l’amore è in sottofondo, ma determinante, la sua perdita, a far naufragare michi.
grazie gb,
buona serata,
ml
Qui l’amore è determinante e non solo per il naufragare di Michi.
“godendo dell’incanto negli occhi del nipote.”
E l’amore del nonno?
Un abbraccio con affetto e stima
gb
Buone ore per te
giusto, hai perfettamente ragione, dimenticavo il nonno! 🙂
Date: Sun, 6 Dec 2015 22:57:31 +0000 To: agilulfo_@hotmail.it
In una realtà cruda io scorgo tanto amore.
E sorrido
gb
Grazie, ml.
A te il sorriso e il grazie 🙂
Date: Sun, 6 Dec 2015 23:01:16 +0000 To: agilulfo_@hotmail.it
Le carte sono il ricordo dei miei nonni. Sere a giocare a scopa, poi a briscola, poi il nonno che mi insegna le regole del poker anche se non ci giocammo mai (lui era il dio del poker). Sono un tempo che non c’è più, semplicemente.
Ortis, tuo nonno. 🙂
ml