del Gattinara e d’altri demoni

27 Apr

by c.calati

 

 

 

Mi piace la sua forma stramba, sembra sghemba come lo stare incerto dell’ubriaco, ma mi piace soprattutto il rosso che contiene. Il Nebbiolo è un vitigno generoso, ha disseminato vini come figli in ogni terra di Piemonte, piccoli fiumi, fumi d’ebbrezza. E tra tutti il Gattinara è il mio preferito, dopo i nobili di Langa, s’intende. È una conoscenza piuttosto recente ma che parte da lontano, da un racconto antico di Mario Soldati. Lui, la sciarpa al collo, un basco in testa, il sigaro tra i denti, interrogava ai primordi televisivi contadini e pescatori nel suo viaggio lungo il Po, biascicando parole intellettuali dal sentore vinoso che gli intervistati raramente comprendevano, se non per quel sentore. Soldati era un sognatore di cultura e una buona penna, capace di tradurre in un racconto lo sgomento di non ritrovare, perso com’era tra le nebbie del paesone e della sua stessa testa, l’osteria dove aveva bevuto tempo addietro uno Spanna mitico, come allora si chiamava il nostro vino.  Così un pomeriggio d’inverno sono andato a Gattinara, ma ho fatto la fine di Soldati: davvero è un paese che ti confonde, buio, nebbia e poche strade, quasi rettilinee, che però non ti portano dove vorresti come se il paese fosse un po’ più in là, disassato rispetto alle vie principali. E peggio, le rivendite di vino risultano nascoste, mimetizzate in un’apparenza anonima, la cantina sociale una villetta come tante che ci puoi passare davanti dieci volte senza il minimo sospetto e quello che poi si è rivelato il miglior Gattinara è un portone qualsiasi che lo puoi scoprire solo dall’etichetta sotto il campanello.

Il primo viaggio è quindi andato a vuoto, ma ci son tornato col bel tempo e questa volta la mia cocciutaggine è stata premiata. L’unico problema è stata la strada del ritorno, che tra degustazioni, acquisti e assaggi degli acquisti ben prima dell’arrivo a casa, il Gattinara mi era ormai entrato nel sangue come un diavolo tentatore. E da allora non ne è più uscito.

A proposito di diavolo, e gli altri demoni?, mi chiederà forse qualcuno. Gli altri demoni sono i suoi fratelli,  perchè muovendoti dal paese, in un fazzoletto di pochi chilometri in qualunque direzione, t’imbatti in altri luoghi e in altri vini, tutti figli del Nebbiolo, e come parenti stretti s’assomigliano tra loro pur mantenendo ciascuno un elemento distintivo, così il Lessona coltivato già da Quintino Sella, il Bramaterra dal nome evocativo, il Boca che io chiamo fantasma tanto fu difficile trovarlo, il Fara, il Ghemme. Io non sono un intenditore, non so dire il profumo di violetta né il sentore d’erba appena falciata, tantomeno il retrogusto di terra umida, per me un vino è buono quando m’impasta la bocca. E questi, tutti, mi ricamano ragnatele delicate tra palato e lingua, ognuno una trama sua particolare.

28 Risposte to “del Gattinara e d’altri demoni”

  1. Mezzatazza 27 aprile 2017 a 09:35 #

    Lol, anche a me piacciono le forme delle bottiglie, ma soprattutto il contenuto. E il vino che impasta la bocca.
    Amo meno, la strada del ritorno.

    • massimolegnani 27 aprile 2017 a 11:51 #

      già, tra etilometri e disorientamenti è un’impresa il ritorno 🙂
      ciao Tazza,
      ml

  2. Tati 27 aprile 2017 a 09:49 #

    Nebbiolo, il mio preferito… posso assaggiarne altri ma alla fine torno sempre a lui.
    Sarà per le radici che ha e che ho, sarà per il rosso, per la nebbia che lascia in bocca, per le bottiglie scure… io non lo so ma alla fine resterà sempre al primo posto 🙂

    • massimolegnani 27 aprile 2017 a 11:53 #

      l’hai detto, “la nebbia che lascia in bocca”. Io la chiamo ragnatela ma è la stessa sensazione, e da quella riconosco lui e tutti i suoi figli 🙂
      un abbraccio Tati
      ml

  3. Daniele Verzetti Rockpoeta® 27 aprile 2017 a 12:55 #

    Quando si parla di vini buoni leggo sempre molto volentieri. Questo particolare tipo di Nebbiolo non l’ho mai bevuto credo, rimedierò sicuramente.

  4. Cose da V 27 aprile 2017 a 16:07 #

    Sono ignorante in fatto di vini, che tuttavia non disdegno (anzi). Leggere pezzi come questo è un diverso modo di assaporare, sicuramente grazie alla tua bravura nel descrivere. Sei molto bravo.

    • massimolegnani 27 aprile 2017 a 16:59 #

      So qualche nome ma nemmeno io me ne intendo, mi manca il vocabolario specifico e il sentire raffinato. Pero’ mi fido delle sensazioni che provo e cerco di trasmetterle.
      Ciao V. sei davvero gentile
      ml

  5. aquesitelocuento 27 aprile 2017 a 20:05 #

    Mi hai incuriosito… messo nelle strade in cui perdersi!

    • massimolegnani 27 aprile 2017 a 22:20 #

      mi perdo spesso, anche da sobrio:) ed è una sensazione piacevole, se poi ti ritrovi.
      ciao e benvenuta
      ml

  6. PindaricaMente 27 aprile 2017 a 21:15 #

    Tu e i tuoi demoni così angelici.
    Anche io amo i rossi: quelli piemontesi essendo nata da quelle parti, quelli siculi essendo la Sicilia la terra che considero mia e quelli toscani, visto che da anni la Toscana mi ha adottato.
    Difficile scegliere, d’altronde se il vino non fosse una cosa importante, Gesù Cristo non gli avrebbe dedicato il suo primo miracolo. 😊

    • massimolegnani 27 aprile 2017 a 22:23 #

      giusta osservazione, Pindara, il vino è importante 🙂
      una delle cose belle dell’Italia è che ogni regione ha ottimi vini
      un sorriso
      ml

  7. lamelasbacata 27 aprile 2017 a 22:09 #

    È bello questo raccontare con affetto. Un piacere semplice qual è bere un bicchiere di vino diventa sontuoso nelle tue parole.

    • massimolegnani 27 aprile 2017 a 22:26 #

      quando bevo un buon vino penso all’impegno e alla serietà di chi l’ha prodotto e questo me lo fa gustare con maggior affetto
      buona serata Mela
      un abbraccio
      ml

  8. Mandorla 28 aprile 2017 a 00:10 #

    Che bella bottiglia! Sembra abbia la pancia piena 😁

    • massimolegnani 28 aprile 2017 a 08:34 #

      eheh, sì, la pancia piena e la schiena un po’ inarcata a controbilanciare il peso 🙂
      buona giornata, Mandorla
      ml

  9. newwhitebear 28 aprile 2017 a 21:17 #

    il Gattinare è un vino forte. Ricordo che lo comprovo molti anni fa, quando abitavo a Milano. Quella bottiglia sghemba mi piaceva, sapeva di qualcosa di inconsueto.

    • massimolegnani 28 aprile 2017 a 22:42 #

      forte ma buono, non di quelli che ti bruciano lo stomaco.
      sì, la bottiglia è accattivante.
      ciao GianPaolo 🙂
      ml

  10. vikibaum 30 aprile 2017 a 08:31 #

    dopo aver letto questo tuo bell’articolo, amorosamente convincente, trasudante aromi dì essenze vinicole…mi dispiace davvero di essere astemia…buona domenica ML V.

    • massimolegnani 30 aprile 2017 a 09:36 #

      eh, sì, è un vero peccato!
      ma d’altronde nessuno è perfetto 🙂
      ciao Viki e grazie
      ml

      • vikibaum 30 aprile 2017 a 14:04 #

        ” A qualcuno piace caldo” gran film! ciauuu

      • massimolegnani 30 aprile 2017 a 15:21 #

        🙂

  11. elettasenso 2 Maggio 2017 a 12:38 #

    Amo un buon bicchiere di vino rosso a tavola solo in compagnia. Non sono un’esperta, ma so distinguere un buon vino. Mi hai fatto venire in mente un progetto letterario a cui ho partecipato anni fa per gioco. Il tema era il vino. Ne è uscita un’antologia. Non ricordavo neppure dove fosse finito il libro nella mia libreria. Eccolo: ora l’ho davanti, aperto al mio racconto:
    . ” Il vino le dava alla testa. Arianna lo sapeva: troppo magro il suo corpo. Bastava un sorso, tutto girava e non c’era sostengo”.
    Buongiorno di-vino
    Eletta

    • massimolegnani 2 Maggio 2017 a 14:07 #

      incipit invitante come l’assaggio di un buon bicchiere 🙂
      salute a te, tintinnano i bicchieri
      ml

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