Ciascuno, un giorno o un altro, prende i propri fogli e scrive. Restituisce forma alla parola che poi, senza saperlo, ripeterà infinita, credendo sempre di dire cose nuove in disparati modi, quando invece, disperati, si torna sempre lì, a quello che ossessiona e scalda e scalcia. Noi, come assassini senza colpa, non sappiamo star lontani dal luogo del delitto e del diletto.
Il vecchio armadio della memoria si schiude scricchiolando, scegliamo scheletri come vecchi abiti conservati sulle grucce, li vestiamo e travestiamo, che sembrino più vivi e meno nostri i rimpianti, i segreti, i desideri.
Così ho parlato di Camillo e massimo, di fra’ Giacomo e di Arcangelo Tripodi detto Arci, ma anche di un gatto, una capra, un’ape e un’oca, di una pietra di selciato, di una sirena nella notte e di un’altra, imperfetta, in mezzo al mare, del tintinnio di una tazzina e dei suoni notturni del silenzio, ho detto di un sasso in cui risorgere e di una manciata di terra col suo verme in cui riconoscere la madre, ho raccontato piante come donne, fiori cocciuti come bimbi, acqua che scorre maschia, e mai è stata differente tra le righe la parola, che fosse fatta di foglie, di pedali o cenere. Sempre uguale quello che volevo far uscire dall’armadio, che solo dopo, e non sempre, capisco cosa fosse. Un’ansia, un’emozione, una nostalgia, un desiderio sotto traccia e tutti gli altri nomi che diamo all’inquietudine.
e ben venga l’inquietudine se i risultati sono questi e quelli prima e pure prima ancora, ma anche e sopratutto quelli futuri…
cb
Grazie Cate, bellissime le tue parole.
Un sorriso
ml
Le tue parole… quando escono da te, diventano splendide farfalle che volano nell’etere!!! 🙂
Belle le tue farfalle!
Grazie Vitty
ml
Nella vita siamo braccati da tanta inquietudine… ma “alla fine, arrivano sempre i ricordi, con le loro nostalgie e la loro speranza, e un sorriso di magia alla finestra del mondo, quello che vorremmo, bussando alla porta di quello che siamo.” (non lo dico io, eh… l’ha detto Pessoa, ne Il libro dell’inquietudine).
E tu un po’ me lo ricordi Pessoa, con la sua inquietudine riversata sul mondo attraverso tanti e diversi Io, come i tuoi personaggi/alter ego.
Pina, l’accostamento a Pessoa mi onora e le sue parole che riporti hanno un che di consolatorio. Ti ringrazio di cuore.
Una buona giornata
ml
Si tenta di “scaricare ” il peso del proprio fardello scrivendone, sezionandolo, se così si può dire, in frammenti che ogni volta hanno un aspetto diverso. È un modo per esorcizzare ciò che disturba la serenità, in fin dei conti, un modo per reagire alla durezza della vita.
Sono d’accordo con te, Daniela, scrivere e’ un esorcismo, liberarsi da un fardello, prendere le distanze dai nostri affanni.
Grazie Daniela
ml
ciao, Buondì Massimo
🙂
Voglio ritenermi responsabile almeno in piccola parte di questo, come al solito finissimo, post. Mi aggrappo pervicacemente però a quel “non detto” che citi sul mio “C’è da scrivere”. Facciamo uscire dall’armadio sempre robe sconosciute a noi stesse: travestite, truccate.. sottotracce e “non detti” sconosciuti, disordinati tra infiniti stati emotivi.
“Stesse cose” solo per denominazione d’origine controllata, ma pozzo infinito di sorprese. Un non detto che diventa aria, luce, meraviglia; parente di un già detto, affine sicuramente, familiare, rassicurante, pacato, ma ogni volta altro, un fantastico altro a tenere quell’anta anche solo socchiusa, e farci respirare bellezza diversa..
Grazie Massimo!
Franco Battaglia
Naturalmente abbiamo ragione entrambi ( eh, si, sei in parte responsabile del post :)), scriviamo sempre cose diverse ma sotto sotto quello che ci spinge e che facciamo affiorare con le parole e’ per ciascuno sempre identico. Forse è quello che tu con una bella intuizione chiami denominazione d’origine controllata, il tratto distintivo di ciascuno di noi.
Grazie a te, Franco
ml
Uno dei tuoi scritti più belli e intimi, a mio parere. Un saluto con affetto, amico caro.
Oh Melina che piacere!
Un abbraccio affettuoso
ml
Scrivere è come un modo di far uscire in parole quello che la mente vede, immagina. È una forma compulsiva a cui non riusciamo a mettere argine, anzi proprio non vogliamo arginare.
Ben vengano questi vecchi vestiti che ogni volta che togli dalle grucce assumono un aspetto diverso e nuovo.
Si è un fiume che non vogliamo arginare. Finché c’è acqua alla sorgente la lasciamo fluire liberamente 🙂
Buona serata Gian
ml
L’acqua continua a fluire. Bel pomeriggio Massimo
Grazie, è stato molto buono 🙂
Bella serata
Anche a te
😀
🙂