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Luigina Motta aveva quasi settant’anni. Era ancora una donna energica e concreta, di quelle spicce, sempre indaffarate, che vanno di fretta anche per salire a dormire. Mai si era lasciata sopraffare dagli eventi, sceglieva sempre lei il terreno su cui dare battaglia alla vita. Dove non si può vincere, si deve evitare lo scontro, amava dire, citando a spanne il Generale Giap. Intendeva che c’erano dei campi in cui evitava di addentrarsi per istinto. La scrivania di Francesco era uno di questi. Tutte quelle carte fitte di parole troppo belle non facevano per lei, ne diffidava.
Caratteri diversi, lei e suo marito; Francesco era di passo lento e sguardo vago. Dava l’impressione che fosse sempre altro l’importante nella vita, altro da quello che stava facendo in quel momento, altro dal lavoro, dalle incombenze domestiche e anche dagli amici. Che cosa fosse questo altro Luigina non l’aveva mai capito o meglio non se l’era mai domandato. Loro due avevano stipulato un tacito accordo di non interferenza e in questo modo avevano attraversato insieme la vita a due velocità opposte, riuscendo sempre a procedere fianco a fianco.
La morte di Francesco, inaspettata, non aveva cambiato la vita della donna. Certo, c’era stato dolore e anche ora, dopo dieci anni, lei percepiva nella casa un silenzio diverso da quello che un tempo indicava la presenza del marito. Ma aveva saputo reagire, trovando nella fatica quotidiana una compensazione; la casa, il volontariato, i nipoti erano diventati utili impegni, terreni sicuri su cui muoversi.
La scrivania invece continuava a essere un terreno infido.
Luigina una volta alla settimana entrava nello studio del marito, spolverava, rassettava, ma non apriva mai i cassetti né toccava i fascicoli ormai ingialliti, rimasti orfani sul piano di scrittura.
Capitò per caso.
Il vento dalla finestra aperta aveva mandato all’aria una decina di fogli e lei raccattandoli ne aveva scorso i titoli. Uno l’aveva colpita, Lettera da sotto l’erba, impedendole di riporre la pagina con le altre. Luigina iniziò a leggere, dimmi, è quasi autunno, vero? e alla terza riga si dovette sedere perché le gambe già non la reggevano. È che sentiva la voce di Francesco dietro ogni parola, parole velate come se veramente giungessero da sotto terra. La breve lettera, tutta intrisa di nostalgia per la natura e per la vita, si concludeva con una richiesta folle. Ma io nemmeno bevo, mormorò la donna e sembrava che stesse rispondendo al marito. Poi ripiegò il foglio in quattro e lo ripose nella tasca del grembiule.
Quella notte dormì male, ma dal mattino seguente riprese la sua vita di sempre.
Capitava però che, quando dalla finestra guardava il giardino che tornava alla vita dopo il sonno invernale, la prendesse uno scoramento, un tarlo a rosicchiarla dentro. No, era un’assurdità, non l’avrebbe mai fatto. E subito si scuoteva da quel breve torpore.
Quell’anno attraversò i mesi estivi mantenendosi salda, decisa a non soccombere alla pressione del marito.
Settembre arrivò in un baleno. Dimmi, è quasi autunno, vero? Luigina strinse i denti, decisa a opporsi a quella piccola follia. Resistette fino ai primi di ottobre. Resistette fino a un giorno dal sole tiepido e dall’aria troppo invitante. Quel giorno capì di non avere scampo, non poteva sfuggire oltre a quel richiamo sussurrato e imperioso. Così si arrese con la medesima determinazione con cui aveva resistito.
Allora si vestì con cura, come fosse un giorno di festa grande. Scese in cantina e scelse la bottiglia più polverosa. Poi si avviò per i campi, verso il bosco di querce, poco lontano da casa. Scelse una radura protetta dall’aria e dagli sguardi e si spogliò, completamente, accatastando i vestiti sull’erba. Si stese tra le foglie e attese che altre la coprissero.
La prima sorsata di vino le provocò una repulsione fisica, ma si costrinse a bere. E bevve ancora e ancora.
Sentiva sulla pelle grinzosa il tepore del sole e la carezza delle foglie.
Le sembrò di ringiovanire.
Il seno gonfio, le forme piene, la pelle liscia, le rughe appianate per magia.
Dio, non sono mai stata così bella!
Portò ancora la bottiglia alla bocca, lasciando che il vino, che non riusciva più a ingollare, formasse dei rivoli rossi attorno alle labbra, le scorresse sulla pelle, le imbrattasse i capelli. Sentì il liquido diffondersi per tutto il corpo, lo sentì dentro e fuori di sé, come una linfa vitale. Si toccò tra le gambe e sorrise alle dita magicamente sporche di rosso.
Dio, non sono mai stata così giovane!
Poi, aspettando che Francesco arrivasse dalla via dei vermi, pianse e rise come un’ubriaca.
Era felice.
Non so che dire: sono rimasta spiazzata. E meno male che il “mio” Federico non amava scrivere e non ha lasciato nulla di scritto…
…e menomale che il mio personaggio l’ho chiamato Francesco:)
Comunque mi fa piacere il tuo stupore, Neda
ml
Buona domenica. Che sia lieta e luminosa.
ti ringrazio, buone ore anche a te
toccante! un amore infinito! Grazie Massimo
Contento che ti sia piaciuto
Grazie Nadia
ml
direi quasi commossa!
che bello , mi fa piacere 🙂
La potenza dei versi trasformano Luigina da donna astemia a ubriaca tanto da pensare di essere tornata giovane quando Francesco la corteggiava.
Si’, un’ubriacatura salutare che fa entrare Luigina in un’altra dimensione, secondo il desiderio postumo di Francesco
Un saluto, Gian
ml
Ci riprova Francesco nel seguito che ho appena commentato.
Si’, con la lettera riesce a coinvolgerla in una tenera follia.
Il vino è l’elemento che unisce.
Il vino crea complicità 🙂
vero.
God, I’ve never been so young!
Then, waiting for Francesco to arrive from the street of worms, she cried and laughed like a drunk.
for love, she shared this Francesco’s madness.
a good sunday, Raj
ml
Ho un’amica così. Credo che da dodici anni, cioè da quando il marito se n’è andato, non abbia mai spulciato tra i suoi scritti – e lui ne scriveva di robe -. così almeno ci ha sempre detto.. per una sorta di pudicizia, di estraneità, di distacco.. non lo so.. so solo che mentre ti leggevo pensavo: “Questo lo devo far leggere a Franca”, così si chiama.. ma forse potrebbe farle più male che bene.. certi distacchi non vanno comunque limati, oppure chissà.. ci sto ancora pensando..
Franco Battaglia
credo ci sia un istinto di conservazione nel non voler addentrarsi nelle “carte” dell’altro, anche se morto da tempo, si potrebbero avere sorprese non gradite. Io ho voluto ipotizzare una condizione opposta, favorevole, dove la scoperta porta a una postuma complicità tra i due.
ciao Franco
ml
La morte è un tabù ancora e sempre. Intenso legame di amore che perdura nel sempre
un tabù che ho voluto affrontare 🙂
Grazie Eletta, buona serata
ml