Mi dice, col GPS sai sempre dove sei. Rispondo appunto, non mi piace!
Insiste, col navigatore e la app giusta fai sempre il percorso migliore.
Ribadisco, non è questo il viaggio come lo intendo io.
Sì, sono antiquato e me ne vanto, preferisco andare senza bussola, perché scombussolato mi ritrovo facilmente. Ho atlanti sgualciti e cartine da studiare prima di partire. Così parto e porto in testa un percorso dettagliato che poi, mentre pedalo, adatto al caso e alla necessità, altri nomi dell’errore.
Il più giovane dei fratelli Salemi aveva un nome che gli sembrava una beffa se considerava il proprio carattere non certo solare e la propria mole poco adatta a quel diminutivo.
Di buon mattino Camillo sale in barca e rema fin dove glielo consentono le braccia. Apre il grosso ombrello da sole, innesca l’esca sull’amo, getta la lenza in acqua con un lancio piuttosto maldestro e aspetta.
Sono uomo di città, ma ho una baita malandata su in montagna, poco sopra Noasca, dove mi rifugio tutte le volte che posso. Si trova in una conca in parte occupata da un piccolo lago e nascosta al mondo da un fitto bosco di larici. Mettere gli scarponi da montagna, infilare gli spallaci dello zaino, abbandonare l’auto in paese e procedere a piedi sono un atto significativo, sento lo stacco netto con quanto mi lascio alle spalle. L’ora buona di cammino che ci vuole per raggiungerla, anche il doppio del tempo se piove o ha appena nevicato, mi permette di entrare poco alla volta in un’altra dimensione con la giusta dose di fatica.
orearovescio 