La luce penetrava dagli interstizi delle ante e dalle fessure delle palpebre, riluttanti ad aprirsi di più. Non era la luce morbida dei giorni di pioggia a cui s’era abituato, questa aveva la veemenza del primo sole che vuole abbattere gli ostacoli e buttare lui giù dal letto.
Sono le 15 di un qualunque giorno di metà ottobre ed è buio come a dicembre. Da tre giorni stiamo sperimentando tutti i tipi di pioggia, lo scroscio violento, i goccioloni isolati, l’acquerugiola ostinata, i chicchi di grandine fuori tempo massimo, l’acquazzone fulmineo da inizio estate, la pioggerella marzolina, fine e metodica, e quell’umidità palpabile a mezz’aria che non sai se è pioggia, nebbia o nuvola adagiata tra colline e piana. Dio sembra un piazzista smaliziato che sfodera tutto il campionario aspettando che tu scelga quale stoffa, tocchi, tocchi, ti dice, e tu allunghi un palmo aperto fuori dalla finestra a sentire come lo bagnano le gocce. Potessi, sceglierei il modello temporale estivo, che dopo lo sconquasso d’acqua e fulmini dovrebbe cedere il campo al sole. E invece no, sembra un moto perpetuo di tutto il repertorio, come ripassare le tabelline, che dopo il nove si ricomincia con il due (di quella dell’uno non ne ho bisogno, è come contare, mentre la tabellina dello zero ancora mi sconvolge: tu il numero lo hai lì davanti, concreto e solido, ma se lo moltiplichi per zero, zac, ti scompare sotto gli occhi, che mistero!).
Rapino rapanelli e radicchio ridacchiando, rubo robe a Roberto il robivecchi rubicondo, rapisco ragni rognosi, rettili retrattili, ratti rattristati, ricci ricciuti, razzio razze rozze di rospi ruspanti e di rane ranaglode.
Di là e di qua dal Lys ci stanno due piccoli paesi che danno nome al vino e sanno la fatica prima che il vino sia bottiglia. È un confine solo sull’atlante, di qua Piemonte, di là Valled’Aosta, nella realtà è un continuo di vigne inerpicate sulle rocce, da Carema a Donnaz.
Questa pista ciclabile mi è piaciuta sin dal nome che le hanno dato: la parola sentiero evoca antichi tracciati, ti sembra di ripetere, comodamente in sella, i passi faticosi dei viandanti di un tempo; e la parola Valtellina ti anticipa che la potrai percorrere tutta questa valle, da Colico, dove l’Adda sfocia nel lago, su fino alle montagne di Bormio, dove il fiume nasce.
Scendo nel profondo della casa, è come calarmi in una caverna dimentica dei secoli, percorsa da sinistri rumori: sento il mugghio del vento come nel buio di una grotta, ma è solo il borbottio della caldaia che bruscamente mi riporta all’oggi. Qui, in due locali separati, sto ammassando scorte per i mesi a venire: legna e marmellate, vino e salumi.
Guardo la parete compatta della legnaia e in una sorta di allucinazione vi vedo un cielo stellato, costellazioni, pianeti, ammassi siderali: ogni ciocco è una stella, ogni stella un blog.
È che mi piace navigare nell’etere buio risalendo di blog in blog come tra stelle e pianeti sconosciuti, fino a spingermi anche in galassie esterne alla Via Lattea di wordpress. Navigo e plano, mi poso, osservo, e qualche volta parlo.